di
Federico Fubini
Witkoff e Kushner hanno proposto a Putin il riconoscimento della sovranità russa su Crimea e Zaporizhzhia e la cessione da parte ucraina anche delle porzioni di Donetsk non ancora conquistate dai russi. Ma per Mosca non è ancora abbastanza
Cessione da parte ucraina della porzione del Donetsk che la Russia non occupa già e riconoscimento americano, ufficiale, della sovranità russa sulla Crimea e la porzione della regione di Zaporizhzhia invasa dalla Russia (inclusa la centrale nucleare).
Sarebbe questa l’offerta che Steven Witkoff e Jared Kushner avrebbero portato a Vladimir Putin all’incontro al Cremlino del 2 dicembre scorso, in veste di emissari di Donald Trump. Lo riferiscono osservatori con accesso diretto alle discussioni in corso all’interno dell’amministrazione americana. Questa offerta resterebbe una base di lavoro fra Russia e Stati Uniti.
Non è assolutamente detto che un eventuale accordo, o congelamento del conflitto in Ucraina, possa arrivare su questi presupposti. Yury Ushakov, consigliere di politica estera del presidente russo ed ex ambasciatore di Mosca negli Stati Uniti, è uscito dalla riunione di Putin con gli emissari di Trump il 2 dicembre lasciando capire che non c’era accordo completo fra le due delegazioni. Sintomo, sicuramente, che il Cremlino chiederà ancora più concessioni.
Nella prospettiva dell’amministrazione Trump, per Kiev cedere alla Russia quanto resta del Donbass (circa cinquemila chilometri quadrati nel Donetsk) in teoria non dovrebbe essere troppo doloroso. Si ritiene che in quella porzione di territorio non restino più di 100 mila abitanti, che dunque per la Casa Bianca dovrebbero essere spendibili da parte del governo di Kiev e consegnati alla Russia in cambio di un congelamento del conflitto.
Quanto ai riconoscimenti ufficiali della sovranità russa sulla Crimea e sulla parte di Zaporizhza già invasa, l’amministrazione americana si sarebbe detta pronta. L’intesa prevederebbe che gli Stati Uniti procederebbero al riconoscimento, mentre le Nazioni Unite, i Paesi dell’Unione europea e altri governi non farebbero altrettanto. Ciò permetterebbe alle imprese americane di investire in sicurezza in quei territori ora controllati dalla Russia.
Per gli Stati Uniti, si tratterebbe di una svolta storica. Sarebbe la prima volta dal 1945 che un’amministrazione americana riconosce come legittimo il controllo di un territorio che un Paese terzo ha ottenuto invadendo, bombardando indiscriminatamente la popolazione civile e persino attraverso i rapimenti di bambini della popolazione aggredita. Sarebbe un atto di ripudio dei presupposti e dei principi sui quali l’Onu è stata formata proprio su spinta americana ottanta anni fa. Per esempio, sulla base dei principi della Carta dell’Onu, gli Stati Uniti e tutti i Paesi di Europa occidentale si rifiutarono sempre di riconoscere la sovranità sovietica sui Paesi baltici, dopo l’avanzata dell’esercito di Mosca alla fine della seconda guerra mondiale. Questa posizione ha facilitò poi il percorso di Estonia, Lituania e Lettonia verso l’indipendenza, l’autodeterminazione, la democrazia, l’ingresso nella Nato e nell’Unione europea.
Ora la Crimea e la regione di Zaporizhza dovrebbero avere la sorte opposta, secondo il piano americano.
È significativo tuttavia che Putin non l’abbia accettato in pieno. Dato che questa offerta molto audace sembra rappresentare solo l’apertura di un negoziato di merito, la Russia ha subito chiesto di più: fra gli altri punti, senz’altro una riduzione dell’esercito ucraino e una stretta limitazione di qualunque garanzia di sicurezza a favore dell’Ucraina.
Ciò renderebbe una nuova aggressione più facile e probabile in futuro, dato che Putin non ha mai nascosto l’obiettivo di sottomettere l’intero Paese invaso.
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10 dicembre 2025 ( modifica il 10 dicembre 2025 | 12:58)
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