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Il Fed day è arrivato. La banca centrale Usa si prepara ad annunciare il terzo taglio consecutivo dei tassi del 2025. Se il taglio di oggi è considerato un “affare fatto” (probablità al 90%, secondo il FedWatch -CME), il mercato si concentrerà soprattutto sulle nuove proiezioni economiche (Summary of Economic Projections, SEP), sul dot plot (il grafico a punti con le aspettative di tagli dei tassi nei prossimi anni) e sulle parole di Jerome Powell nel corso della conferenza stampa che prenderà il via dopo gli annunci ufficiali. Gli investitori sono a caccia di indicazioni sulla traiettoria futura dei tassi per il 2026.

Vediamo quali sono i commenti degli economisti ed operatori di mercato a poche ore dalle comunicazioni ufficiali della Fed, in arrivo a partire dalle 20 italiane.

Ultimo atto del 2025 per la Federal Reserve. Una riunione che arriva con una narrativa di mercato chiara: elevata probabilità di un taglio dei Fed Funds di 25 punti base, dall’attuale 3,75–4,00% al nuovo intervallo 3,50–3,75%. Una decisione che verrà presa da un board Fed spaccato e per questo sarà interessante capire, secondo ING, il numero di dissidenti contro il taglio di 25 punti.

Alcuni membri del FOMC ritengono che i tassi si stiano avvicinando ad un livello che stimola l’attività economica (per alcuni siamo già in zona di neutralità), il che potrebbe limitare ulteriori mosse aggressive a meno di un deterioramento dell’economia nei prossimi mesi. Sarà quindi cruciale il tono del discorso di Powell per capire se offrirà indicazioni sulla tempistica delle prossime decisioni o se rimanderà all’evoluzione dei futuri dati macro”, indicano gli strategist di Mps Capital services.
Insomma, il compito di Jerome Powell di formare un consenso potrebbe rilevarsi ancora più arduo in assenza di nuovi dati economici (effetti dello shutdown governativo che si è esteso per tutto ottobre e gran parte di novembre). I dati ufficiali del mese scorso sul mercato del lavoro non saranno pubblicati prima del 16 dicembre, seguiti dai dati sull’inflazione due giorni dopo.

Secondo Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, il board della Fed appare ormai spaccato in tre blocchi distinti. “Da una parte ci sono i falchi, che avrebbero preferito una pausa o comunque un ciclo di tagli molto limitato, temendo che un allentamento troppo rapido possa riaccendere le pressioni inflazionistiche. Dall’altra parte stanno le colombe, che considerano i tassi attuali ancora eccessivamente restrittivi e spingono per un percorso di riduzione più aggressivo, alla luce del rallentamento dell’economia e del mercato del lavoro. In mezzo si collocano i moderati, con Powell in prima linea, che accettano il taglio di dicembre ma continuano a sottolineare che le mosse future dipenderanno in modo rigoroso dall’andamento dei dati macroeconomici, mantenendo la narrativa della data-dependence come punto fermo della comunicazione della Fed”.

Motivo per cui nel corso della conferenza stampa Powell potrebbe adottare un profilo molto cauto, con un messaggio, spiega Diodovich, che vada nella direzione di un “taglio hawkish”. Tradotto: da un lato la Fed taglia, dall’altro prende tempo e non si impegna su una nuova riduzione dei tassi già a gennaio.

Una volta chiuso il meeting di oggi, nel quale verrà pubblicato il nuovo Summary of Economic Projections, che offrirà le previsioni di lungo periodo del comitato su tassi d’interesse, PIL, disoccupazione e inflazione, l’attenzione /priorità si sposterà sulla politica monetaria prevista per il 2026. “Nell’ultimo SEP di settembre, la Fed prevedeva un solo taglio nel 2026, una stima allora inferiore alle aspettative degli investitori, che ne ipotizzavano tre. Attualmente, i mercati stanno scontando due soli tagli nel 2026”, ricorda Bret Kenwell, Us investment analyst di eToro.
Per il prossimo anno, il quadro che la Fed dovrà affrontare è complesso. “Non solo entrerà in carica un nuovo presidente, ma la situazione macroeconomica resta poco chiara – aggiunge Kenwell -. Nonostante la riapertura del governo americano, i dati economici disponibili sono ancora scarsi e in ritardo. Il mercato del lavoro mostra segnali di raffreddamento senza però crollare, mentre l’inflazione rimane ostinata. La domanda centrale, quindi, è: se queste condizioni dovessero persistere nel 2026, la Fed riuscirà a mantenere un tono accomodante o il suo doppio mandato terrà a freno le colombe?“.

Un altro tema sul tavolo resta senza dubbio la nomina del nuovo presidente che guiderà la Federal Reserve al posto di Powell (il cui mandato scadrà nel maggio 2026). Kevin Hassett è il nome favorito per sostituire l’attuale governatore della Fed, un sostenitore delle politiche di Donald Trump. La sua nomina è stata considerata uno dei market mover del nuovo anno.
“Guardando al futuro, la rotazione dei presidenti regionali della Fed – combinata con la disponibilità dichiarata di Scott Bessent a modificare le regole di selezione dei candidati (che, “casualmente”, potrebbero squalificare coloro che tendono a essere falchi) – e la prevista nomina di un presidente della Fed allineato a Trump indicano una crescente pressione per ridurre i tassi di policy indipendentemente dal contesto inflazionistico“, sostiene Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac. Eppure, aggiunge l’esperto, se un Powell generalmente conciliatore fatica a costruire consenso in un ambiente di divergenza interna record, è ragionevole mettere in dubbio la capacità del (potenziale presidente) Kevin Hassett di costruire ponti tra gli schieramenti, considerando il suo profilo apertamente partigiano.