di
Monica Guerzoni
Da Greggio a Liorni. Venier: io nazionalpopolare. Gli applausi di La Russa e Arianna Meloni
La foto di La Russa, Donzelli, Delmastro, Bignami e (Arianna) Meloni schierati in prima fila a ridere e battere compatti le mani certifica il «colpaccio», politico e mediatico. Sotto il tetto in plexiglas che inquadra la mole di Castel Sant’Angelo ci sono i «big» della tivvù, venuti ad Atreju a scaldare il palco alla leader che domenica 14 chiuderà la gigantesca kermesse. Come il titolo «Sei diventata forte» tiene insieme l’Italia e Giorgia Meloni, così la trovata di invitare i conduttori Rai di Sanremo, Domenica In, L’Eredità e, in quota Mediaset, di Striscia la Notizia, tiene insieme l’annuale festa natalizia di FdI e il progetto del partito della nazione. «La sensazione è quella», riconosce Galeazzo Bignami, dopo aver ascoltato i divi del piccolo schermo spiegare in coro che «nazionalpopolare vuol dire stare nel cuore della gente».
La frase chiave la pronuncia Mara Venier, accolta dai 400 seduti in Sala Giustizia al grido di «vai, zia!». Racconta che alcuni anni fa Pippo Baudo «si offese moltissimo» perché Enrico Manca, allora presidente di Viale Mazzini, aveva classificato come nazionalpopolari i suoi programmi. Lei invece ne va «orgogliosa» e l’applauso che parte dai «big» meloniani come dai militanti e dai volontari in felpa blu conferma che il bersaglio è stato centrato.
In fondo la filosofia di «zia Mara» non è diversa da quella di «Giorgia Meloni detta Giorgia». Se la conduttrice ama dire «finché il pubblico vorrà io ci sarò», la premier nei suoi comizi usa un concetto simile, declinato nella chiave della legittimazione elettorale e popolare: «Finché ci siete voi ci sarò anche io, non mollo di un centimetro».
Ad Atreju si pattina sul ghiaccio, ma per davvero e non come avviene metaforicamente nelle dichiarazioni dei leader delle opposizioni, che accusano Meloni di oscillare fra Trump e Zelensky. Il panel sulla tv, con la giovane militante di Gioventù nazionale, Francesca, che rivolge domande apparentemente a-politiche, scivola via tra memoria e nostalgia. Carlo Conti rende merito a Pippo Baudo per aver fatto del festival della canzone «un evento» e un «rito collettivo». E Venier rievoca Mike Bongiorno («unificò l’Italia più di Garibaldi»), ricorda Fabrizio Frizzi e commuove tutti: «Andando via ci ha fatto riflettere tutti sul tempo che togliamo alle persone che amiamo. Io mi sono tenuta più vicino mio marito, non so se ho fatto bene o male!». Risate.
Si parte con l’ovazione per Peppe Vessicchio, la bacchetta «magica» simbolo del festival di Sanremo, scomparso a novembre. «Era un uomo di tutti, non aveva luogo geografico, sociale, culturale, politico», accoglie il premio alla carriera la figlia del direttore d’orchestra, Alessia. E si arriva a Carlo Conti, che prima si finge «preoccupato perché quest’anno ci sono poche polemiche su Sanremo» e poi sembra strizzare l’occhio ai nemici di quella cultura woke che terrorizza sovranisti e trumpiani: «Non si può più scherzare su niente». L’amo lo lancia Ezio Greggio, collegato a distanza: «Siamo condizionati dal politicamente corretto. C’è spazio per la satira, o siamo a rischio censura?». Conti raccoglie, parla di «deriva», lamenta che «si è perso il senso della leggerezza» e che al talent show Tale e quale è diventato impossibile «imitare un cantante di colore, anche senza malizia». Quindi l’affondo, che conquista la platea: «Ho dovuto prendere un bianco e fargli fare il nero».
In prima fila, La Russa e il padrone di casa Donzelli si spellano le mani. Quando tutto è finito, il cordone di sicurezza stringe il presidente del Senato. Gli chiedono se la destra abbia ancora il complesso di avere dalla sua parte pochi artisti e poche star e il presidente del Senato concede una battuta appena: «Ce ne sono, ce ne sono…». A Marco Liorni, appena sceso dal palco, domandano se sia salito sul carro delle sorelle Meloni e se ci voglia «coraggio» a parlare dal palco di una manifestazione di partito. Il conduttore dell’Eredità prova a schivare la trappola: «Dicono di tutto e il contrario di tutto, per cui non ho problemi. Sono qui perché mi hanno invitato a parlare di tv e il confronto va bene in qualsiasi casa». Ma lei alle elezioni per chi vota? «Il voto è segreto».
Pochi metri più in là Elisabetta Gardini discetta della fantomatica «sindrome di Zerocalcare» e si diverte a spiazzare i giornalisti: «Telemeloni non esiste, è fantascienza. Basta vedere i tantissimi conduttori e giornalisti di sinistra rimasti ai loro posti in Rai, perché noi siamo liberali». Sicura, onorevole? «Sì, siamo sottorappresentati noi». E la risata di Gardini dice tutto.
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10 dicembre 2025 ( modifica il 10 dicembre 2025 | 22:08)
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