di
Lara Sirignano
La ventenne palermitana, giocatrice di pallavolo, aveva 20 anni. Il legale della famiglia: «Qualcuno aveva sistemato tutto e perfino raccolto le bottiglie d’acqua in buste di plastica. Mentre degli alcolici non c’era traccia»
Un mistero lungo 50 minuti. Il tempo in cui si è consumata la tragedia di Simona Cinà, 20enne pallavolista di Capaci con la passione per il mare, morta sabato notte in piscina durante una festa di laurea. Una storia, su cui indagano i carabinieri e la Procura di Termini Imerese, ancora «piena di lati oscuri», dice il legale della famiglia della giovane atleta che chiede che si accerti la verità.
«L’ultimo post di Simona è di sabato notte. È a un distributore di benzina con due amici. “Sono già ubriaco”, dice uno dei due nel video pubblicato su Instagram. Una sorta di diretta della serata che la comitiva si prepara a vivere. Due ragazzi hanno organizzato la loro festa di laurea in una villetta presa in affitto a Bagheria, nel Palermitano. Nei giorni precedenti avevano inviato su whatsapp decine di inviti annunciando una serata alcolica. «Vi terremo idratati» avevano scritto prima di una serie di emoji con bicchieri e bottiglie.
Nel giardino della villa un’ottantina di ragazzi ballano, bevono e chiacchierano per tutta la sera. Simona è tra loro. Sta bene, è serena. All’una manda un messaggio alla madre dicendole che sta per fare il bagno in piscina e per un po’ non avrà con sé il cellulare. Alle 3.20 la sua migliore amica — sarà lei stessa a dirlo ai carabinieri — va via e lascia la ragazza insieme ad altri del gruppo. Alle 4.10 qualcuno chiama il numero unico di emergenza e chiede aiuto. Dopo 3 minuti arriva la segnalazione al 118, che alle 4.23 è nella villa.
Simona è stata tirata fuori dall’acqua e qualcuno ha maldestramente provato a rianimarla (lo proverebbero i segni rossi trovati sul suo petto dal medico legale). Per lei, però, non c’è più nulla da fare. Alle 4.50 la madre, preoccupata perché non è ancora tornata a casa, la chiama al cellulare. Le risponde un giovane: «Venga, Simona sta male». Col marito, impiegato in un supermercato, la sorella gemella della vittima e il fratello maggiore, corrono a Bagheria dove all’alba arriva anche il legale dei Cinà, l’avvocato Gabriele Giambrone. In attesa di essere sentiti dai carabinieri una ventina di ragazzi assonnati e sotto choc, alcuni ancora in costume da bagno, assistono alle scene di disperazione dei genitori dell’amica. Più o meno danno tutti la stessa versione. «Non ci siamo resi conto di quello che era successo. L’abbiamo vista in piscina morta dopo un po’».
Un racconto che non convince il legale. «Come è possibile che decine di persone che erano in uno spazio di meno di 100 metri quadri, abbiano impiegato minuti a vedere un cadavere in una piscina poco più grande di una vasca? E perché, come raccontano alcuni, Simona era a faccia in su? Se fosse caduta in acqua dopo essere stata male non avrebbe assunto quella posizione». La pallavolista, però, potrebbe aver avuto un malore una volta entrata in acqua ed essere morta poco dopo. «Lo dirà l’autopsia — dice il legale — anche se Simona era in ottima salute, faceva una vita molto sana ed evitava di bere essendo una sportiva. E comunque resta inspiegabile che nessuno si sia accorto di nulla per minuti».
Come, per il penalista, strana è la scena che si è presentata agli investigatori. Il giardino e la piscina in cui decine di ragazzi avevano festeggiato, ballato e bevuto erano pulitissimi. «Qualcuno — dice— aveva sistemato tutto e perfino raccolto le bottiglie d’ acqua in delle buste di plastica. Mentre degli alcolici non c’era traccia». Eppure gli organizzatori, nell’invito al party, avevano detto agli amici a portare il costume prevedendo che «qualcuno troppo ubriaco» sarebbe potuto cadere in piscina.
Il sospetto, dunque, è che, dopo la tragedia, quantomeno si sia tentato di ripulire. Ma se qualcuno ha fatto sparire l’alcol, di certo non è riuscito a cancellare le tracce di sangue ritrovate dai carabinieri. «Un ragazzo ha raccontato che, sconvolto dalla vicenda, ha dato un calcio a una sedia e si è tagliato», dice l’avvocato. Il giovane è stato sottoposto all’esame del Dna per accertare se il sangue sia davvero suo.
3 agosto 2025
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