Lotteria fiscale con valori «obsoleti» e aliquote locali «che alimentano ingiustizie e disuguaglianze». È così che la Uil descrive la mappa dell’Imu in Italia. Secondo i conti elaborati dal sindacato, in vista della scadenza del 16 dicembre per il pagamento dell’imposta municipale sugli immobili (seconde case), Roma è la città più cara: la tassa arriva a pesare fino a 3.500 euro all’anno in media. Segue Milano con quasi 3 mila euro e in fondo alla classifica si trovano Palermo, Pesaro e Cosenza con meno di 400 euro annui. Uil critica il sistema definendolo «diseguale e confuso» in cui, a parità di condizioni economiche, il prelievo varia sensibilmente da un Comune all’altro e tra diverse categorie catastali.
Imu pesante al centro-nord Italia
Secondo uno studio condotto dal servizio Stato sociale, politiche fiscali e previdenziali, immigrazione del sindacato, a fronte di una media nazionale di 977 euro, l’Imu sulle seconde case pesa soprattutto sui proprietari che abitano nelle grandi città del centro-nord Italia: come si evince dalla mappa elaborata dal Corriere della Sera, a Roma si pagano 3.499 euro in un anno, a Milano 2.957, a Venezia 2.335, a Torino 1.984, a Firenze 1.973. All’opposto Palermo con 391 euro, Pesaro con 394 euro, Cosenza con 395 ed Enna con 460. «I dati restituiscono il quadro iniquo — spiega il segretario confederale della Uil, Santo Biondo —. Servono valori che rispecchino il mercato, con verifiche periodiche e criteri omogenei su tutto il territorio nazionale».
Gettito annuo di 19,4 miliardi
I proprietari chiamati a saldare sono oltre 26 milioni in Italia. Si ricorda, infatti, che l’Imu si versa sulle prime case solo se di lusso, sulle seconde case, sugli immobili commerciali, sui fabbricati e sui terreni. Il 41% di questi, sempre secondo i dati Uil, sono lavoratrici e lavoratori dipendenti e pensionati. Il gettito complessivo annuo è di 19,4 miliardi di euro. La Uil ritiene necessario uniformare le detrazioni comunali, per garantire pari trattamento ai cittadini con la stessa condizione economica, ovunque risiedano. Serve poi una regola nazionale chiara che definisca un range di aliquote entro cui i Comuni possano muoversi, con l’obbligo di spiegare pubblicamente ogni aumento. Mantenendo il gettito complessivo invariato, «urge maggiore progressività: chi possiede patrimoni immobiliari di alto valore, case di lusso o immobili lasciati vuoti deve contribuire di più, mentre chi ha redditi medio-bassi, famiglie numerose o affitta a canone concordato deve beneficiare di sconti automatici e tutele certe», aggiunge Biondo.
Una banca data unificata
Confedilizia invita, invece, a fare attenzione al calcolo del saldo: se sulla prima rata del 16 giugno si applicavano le aliquote e le detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente, senza particolari novità, per il prossimo versamento, invece, il calcolo del conguaglio va eseguito sulla base delle aliquote che da quest’anno i Comuni dovranno individuare solo tra le fattispecie tipizzate dal decreto ministeriale del 7 luglio 2023. In pratica, a partire da quest’anno i Comuni non possono più diversificare liberamente le aliquote dell’Imu, ma possono solo fissarle approvando il prospetto delle aliquote redatto tramite l’apposita applicazione informatica disponibile sul portale del federalismo fiscale. «Meno discrezionalità e più responsabilità: se si alza l’aliquota, si deve dire con chiarezza per quali servizi e con quali risultati. Pertanto — conclude il segretario confederale — proponiamo l’istituzione di una banca dati unificata (catasto, anagrafe, utenze e locazioni) come strumento essenziale per stanare le false pertinenze e gli immobili fittiziamente “inutilizzati”».
10 dic 2025 | 10:24
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