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Il 30 luglio 2025, Christopher Nolan ha spento 55 candeline sulla torta. Un giorno prima di un altro inglese celebre in tutto il pianeta che invece di candeline ne soffierà 45: Harry Potter.

Certo, uno esiste davvero e l’altro è “solo” il protagonista di una delle saghe letterarie, cinematografiche e, presto, televisive più famose del globo, ma non pensiate che l’accostamento fra i due sia una forzatura dovuta alla loro nazionalità e vicinanza dei rispettivi genetliaci sul calendario.

C’è un senso in quello che vado, o meglio, andrò dicendo fra qualche riga.

Ma tant’è: qua su Today ci sembrava sensato celebrare questa particolare ricorrenza perché caso vuole che 55 anni siano un’età palindroma, perfetta per chiacchierare un po’ del regista che ha addirittura diretto un film dal titolo palindromo, Tenet.

2001: l’inizio del cambiamento

Il bizzarro legame fra Nolan e il maghetto di JK Rowling si estende anche a un anno, il 2001, che è stato fondamentale per entrambi anche se, a livello storico, è diventato famoso per qualcosa di molto più tragico e drammatico.

Mettendo da parte gli attentati dell’11 settembre, nel 2001 Christopher Nolan cominciava la sua ascesa al successo con Memento che veniva presentato al Sundance Film Festival vincendo il Premio Waldo Salt Screenwriting Award per la miglior sceneggiatura.

Intanto Harry Potter approdava nei cinema di tutto il mondo quasi in contemporanea a un’altra produzione “di nicchia” che vi potrebbe essere capitato di vedere o, almeno, sentir nominare: Il Signore degli anelli – la Compagnia dell’Anello.

Naturalmente, almeno all’inizio, il peso del nome di Christopher Nolan e di quello dei due franchise citati non erano paragonabili. E bisogna anche dire che proprio queste due epopee, alle quali si sarebbe poi aggiunto qualche anno dopo anche il Marvel Cinematic Universe, hanno decretato in modo sostanziale la morte dello stardom classicamente inteso. Chi è nato prima dell’inizio del nuovo millennio, ricorda bene che, in un’epoca ormai remota, priva di social e smartphone, spesso e volentieri per garantire il successo economico di un film bastava che sul relativo cartellone fosse stampato a caratteri cubitali il nome di questo o quell’attore e attrice. Se poi dietro alla macchina da presa c’era un regista conosciuto anche dai sassi, tanto meglio.

Ma il 2001 ha sancito anche l’avvio del cinema delle grandi proprietà intellettuali dove, a contare, non è tanto chi c’è nel cast, quando il personaggio (o la saga) o che dà il titolo al relativo lungometraggio. Pensate alle vari stelle che, negli anni, sono state ingaggiate o hanno addirittura iniziato le loro carriere con un grande blockbuster. Malgrado la loro notorietà, al di fuori di quell’ambito specifico non sono riuscite ad avere analoghi trionfi. Il loro nome non bastava a creare file alle casse dei cinema.

Intanto però, anno dopo anno, quelle che andavano formandosi ai botteghini delle sale con in cartellone “l’ultimo di Nolan” sono andate progressivamente crescendo.

Il Nolanismo

Giusto qualche settimana fa, in occasione dell’uscita dell’ultimo Mission: Impossible, vi ho parlato di Tom Cruise e di come sia, più di ogni altra personalità hollywoodiana, la macchina da cinema definitiva. Se volete saperne di più o se volete rinfrescarvi la memoria, cliccate pure qua.

Ciò nonostante, con i due ultimi film dell’epopea partita nel 1996 con la pellicola diretta da Brian De Palma, Thomas Cruise Mapother IV non è riuscito a catalizzare l’attenzione (e i soldi) delle persone così come con Top Gun: Maverick.

Senza nulla togliere ai tanti sforzi che l’attore ha fatto e continua a fare per la tutela e la salvaguardia dell’esperienza cinematografica in un contesto in cui il rapporto di (quasi) tutti con questo media è mutato, nel mentre Christopher Nolan ha visto il peso del suo nome aumentare drasticamente.

Di fatto, ad oggi, è probabilmente la sola star esistente a Hollywood che è riuscita a far sì che il suo nome diventasse un marchio di fabbrica e acquisisse un peso paragonabile a quello di un brand come Star Wars o Marvel.

Pensate bene a tutto quello che, da Memento in poi, è accaduto. Prima c’è stato il riuscito remake di un thriller norvegese, Insomnia, poi il rilancio cinematografico di un supereroe, Batman, che dopo il secondo film di Joel Schumacher (quello dei capezzoli dell’Uomo Pipistrello ben visibili sull’armatura), era più pericoloso della nitroglicerina da manovrare.

Un film che ha cambiato tutto e che ha permesso a Christopher Nolan di accrescere esponenzialmente il suo peso contrattuale e la sua notorietà. Perché ha avuto l’intelligenza di non legarsi esclusivamente a quello che, al netto della rilettura che ne aveva fatto, era comunque un’icona creata da altri che esisteva da tempo prima di lui e che continuerà a esistere anche dopo di lui (e di tutti noi). Dopo ogni kolossal dedicato alla creatura di Bob Kane e Bill Finger sì è dedicato a progetti che con i fumetti non avevano nulla a che fare. Dopo Batman Begins è arrivato The Prestige, dopo Il Cavaliere Oscuro il thriller onirico Inception e dopo Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno è toccato a Interstellar.

Ormai bastava vedere un promo con la scritta “Un film di Christopher Nolan” per far sì che nelle casse della Warner, la major con cui ha collaborato per vent’anni prima del divorzio post-Tenet, piovessero centinaia di milioni di dollari.

Non è un caso che nella classifica dei dieci film vietati ai minori di 17 anni non accompagnati (secondo il sistema di classificazione nordamericano), siano presenti solo due film non appartenenti a una qualche saga: La passione di Cristo di Mel Gibson (uscito peraltro nel 2004, un contesto non paragonabile a quello odierno) e Oppenheimer di Nolan. Sta in terza posizione con 976 milioni di dollari d’incasso, dopo Deadpool & Wolverine e Joker, ma prima di Deadpool 2.

Tutto questo è divenuto realtà grazie a una precisa visione del mezzo cinematografico e alla narrazione che, intorno alla figura del regista inglese si è venuta a creare. Quella di una persona poco incline a cedere alle lusinghe della tecnologia, che non si porta dietro uno smartphone, che preferisce leggere le email dopo che la sua assistente le ha stampate. Tempo fa, chiacchierando con l’Hollywood Reporter, ha scherzato dicendo che i suoi figli, probabilmente, lo etichetterebbero come un totale luddista, aggiungendo che “in realtà resisterei a questa definizione. Penso che la tecnologia e ciò che può offrire siano straordinari. La mia è semplicemente una scelta personale su quanto voglio essere coinvolto”.

Scelta questa che si traduce in termini molto pratici – e complicati – sulla maniera in cui gira i suoi kolossal. Che tendono a evitare i teatri di posa e i green screen preferendo location reali, a non esagerare con l’uso degli effetti speciali digitali, che vengono semmai impiegati per rifinire quello che filma direttamente con la macchina da presa, e per la sua ossessione per il grande formato IMAX e la visione dei suoi film che deve obbligatoriamente cominciare dal buio di una sala cinematografica illuminata solo da quello che viene proiettato sullo schermo. Tanto che i suoi ammiratori, più che dei fan, sono dei discepoli pronti ad adempiere a qualsiasi richiesta fatta. Se Nolan “dice” che una sua opera va vista in una data maniera… potete star certi che decine di migliaia di persone in tutto il mondo faranno di tutto per non tradire le parole del profeta.

In un momento di crisi della sala che vede scricchiolare anche corazzate che, fino a poco fa, parevano inaffondabili, in primis i Marvel Studios, Christopher Nolan è già riuscito a stabilire un record con un film che sta ancora girando e che non uscirà prima della metà di luglio del 2026, L’Odissea. Qualche giorno fa, la Universal ha messo in vendita, in nordamerica, i biglietti per vedere il film nel formato che, secondo il regista, è quello più indicato per goderlo al meglio, l’IMAX su pellicola 70mm. Il sold-out è stato immediato. Circa 23.000 persone, le stesse che in un giorno, in tutta Italia, andavano a vedere il nuovo Superman di James Gunn, hanno acquistato con 365 giorni di anticipo i titoli di accesso per una delle sale che, nel week-end del 16 luglio 2026, proietteranno L’Odissea in IMAX 70mm. Parliamo di un numero di strutture inferiore alle 30.

Solo il regista che porta – con agilità estrema verrebbe da dire – tutto il peso del cinema sulle proprie spalle poteva stabilire questo primato.

Di sicuro, per lui sarà stato un piacevole aperitivo in vista di questo compleanno palindromo e per noi uno stimolo ulteriore a domandarci “Chissà che accadrà quando ne festeggerà 66?”.