di
Irene Soave

«Disertore – una storia di amore e di guerra», reportage narrativo della giornalista americana Sarah A. Topol, racconta la vita di una famiglia russa sconvolta dalla guerra. E la decisione di non tornare al fronte, «mai più»

A febbraio 2022, Ivan aveva deciso: avrebbe lasciato l’esercito e le sue brutture, l’ufficiale corrotto e violento detto «Maiale», la burocrazia infinita, per studiare web design e mettersi in proprio. E garantire così a sé, sua moglie Anna e a Sasha, in età prescolare, una vita meno cupa di quella che conducevano alla base militare, essere felice. Vladimir Putin, però, decise diversamente. Inizia così Disertore (NR edizioni, 200 pp., 18 euro), reportage narrativo a cura della giornalista americana Sarah A. Topol sulla vita di un soldato russo che in pieno conflitto ha disertato.  Pubblicato per la prima volta in forma di libro (e tradotto dallo stesso editore italiano, Gianluca di Tommaso), è uscito nel 2024 in un numero dedicato del New York Times Magazine. 

Disertore è dapprima un viaggio nelle brutture della vita militare russa in tempo di pace: le iniziazioni alcoliche, la dedovshchina cioè il sadismo dei «nonni», le ruberie dei graduati – e poi una discesa negli orrori del fronte ucraino, dove all’inizio della guerra morivano 500 soldati russi al giorno e i comandanti li definivano «carne». E nella vita lontana dal fronte: le minacce di licenziamento per chi parlava contro la guerra, gli arresti alle manifestazioni, i ricatti negli uffici comunali; il sistema legale russo, che «usa l’apparenza di un ordine basato sulle regole come facciata per uno stato autoritario». 



















































A settembre 2022 il Cremlino annuncia una «mobilitazione parziale», che avrebbe raggiunto circa un milione di riservisti: alle frontiere, negli aeroporti, i russi «normali» fanno file di ore per andarsene. Chi resta viene mobilitato, quasi sempre senza aver mai creduto alla guerra. «Sono una persona onesta», racconta un attore diventato soldato, «In vita mia non ho mai neppure preso una multa. Se qualcuno mi dà un foglio con un ordine governativo, non posso neppure immaginare di infrangere la legge». 

Un altro racconta di non essere scappato perché non aveva i soldi: «Faccio quattro lavori solo per sopravvivere, e non posso permettermi nemmeno il viaggio a Mosca dalla mia città, due ore in treno. Dove sarei potuto andare?». 

Lo stipendio russo medio è di 11 mila euro l’anno, e la paga del soldato, chiarisce assai bene Topol, è tra i motivi principali per cui si va al fronte, spesso mandati quasi a calci da mogli, madri, figli, ex mogli che altrimenti vivrebbero in miseria. Ivan ha un’ernia al disco, dopo alcune settimane al fronte deve farsi operare: appena rientra a casa dice che al fronte, costi quello che costi, non tornerà mai più. 

I dettagli della vita militare sono tra i contributi più preziosi di questo libro, e vanno dalla posizione dei pollici imposta nelle parate alle collette dei parenti per spedire al fronte attrezzatura non scadente ai soldati, mandati praticamente scalzi. 

Il racconto della vita di Ivan e Anna – i loro nomi sono fittizi, come quello del loro figlio Sasha di cui il libro omette anche il genere, non senza difficoltà per la traduzione italiana – è anche uno studio della guerra in Ucraina documentato al millimetro, e da una prospettiva che di rado ha rappresentanza: quella dei russi che non sono d’accordo con la guerra, imbavagliati dal regime, costretti spesso a combatterla. 

Non sempre accade che l’introduzione di un libro sia interessante quanto la storia che seguirà. Ma è il caso di Disertore, che è anche, tra le righe, un appassionante manuale di giornalismo. L’autrice, giornalista molto premiata, racconta con precisione come ha lavorato: ha intervistato diciotto disertori che hanno accettato di parlarle a loro rischio, non senza diffidenza e adottando cautele che nel libro formano praticamente una narrazione a sé. Ne ha incontrato le famiglie, facendosi raccontare non solo come si sfugge alla coscrizione ma anche come si vive da soldati, fin nei dettagli più minuti. E la strada per la salvezza: si chiama Idite Lesom, significa «andate nel bosco» (ma anche «aff…») ed è un’associazione di civili volontari che aiuta i disertori a non tornare al fronte.

10 dicembre 2025 ( modifica il 10 dicembre 2025 | 11:25)