di
Marco Bonarrigo
A Roma apre la nuova sede del laboratorio antidoping, il più avanzato al mondo: può rilevare 750 sostanze proibite, anche non ancora codificate. Dal 31 gennaio analisi su oltre 4.000 campioni di Milano-Cortina 2026
Non la velocissima pista da bob «Eugenio Monti», non la Santa Giulia Ice Hockey Arena, non insomma — con tutto il rispetto — gli impianti di gara di Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige: il vero miracolo olimpico italiano si trova a 705 chilometri dal budello del ghiaccio di Cortina e a 594 dallo stadio di San Siro dove il 6 febbraio scatteranno i Giochi 2026. Incastrato tra il Grande Raccordo Anulare e il quartiere popolare di Torre Maura, oggi a Roma viene inaugurato il nuovo laboratorio antidoping della Federazione Medico Sportiva (Fmsi), il più tecnologico e competitivo del pianeta.
Ricerca sostanze dopanti, anche non ancora codificate
Il miracolo è aver trasferito in un solo anno alla periferia est di Roma — in un gigantesco parallelepipedo di vetro e metallo abbandonato da 35 anni — il glorioso centro dell’Acqua Acetosa con una sintonia virtuosa tra chi ci lavora, la Fmsi presieduta da Maurizio Casasco, Sport e Salute e il Ministero dello Sport, concentrando in tremila metri quadrati una tecnologia e un sapere che tutti ci invidiano. A Parigi, a Losanna, a Colonia o negli altri 27 laboratori Wada non sono in grado di fare quello che si farà qui: ricercare tutte le possibili sostanze dopanti (anche quelle ancora non codificate), con ogni metodo validato e senza ricorrere a strutture esterne.
Ogni angolo è monitorato contro le manipolazioni
Chi ricorda gli impicci dell’antidoping del passato (scambi di provette, manipolazioni), può stare tranquillo: ogni angolo della struttura è ad accesso codificato, se prelevi un campione da uno dei venti frigoriferi (fino a -80 C°), se apri una porta, se accedi a un computer o a un file, la tua mossa è registrata per sempre.
Microscopio a forza atomica contro le manipolazioni del sangue
Quando un campione di urine o sangue risulta positivo a una delle 750 sostanze proibite, l’area di controanalisi viene subito isolata da porte scorrevoli per evitare ogni possibile contaminazione (e contestazione). In ciascuno dei sei piani, una catena di ricerca diversa: dagli stimolanti agli steroidi, dall’eritropoietina all’area in cui — con un microscopio a forza atomica — si studia la morfologia dei globuli rossi per beccare le autotrasfusioni a quella dove si smaschera il doping genetico allo spazio per chi redige i passaporti biologici.
«Cervelli di eccellenza assoluta»
All’opera 35 tra biologi, chimici, farmacologi, biotecnologi e ufficiali di collegamento strappati a stipendi più lucrosi per amore dell’etica sportiva a cui, in un’area separata, si aggiungono borsisti, ricercatori e tesisti, forza lavoro del futuro. «Abbiamo macchine ma soprattutto cervelli di eccellenza assoluta» è il mantra del professor Francesco Botrè che dirige la struttura da 27 anni.
La corsa a completare il laboratorio finisce oggi. Dal 31 gennaio, quando si apriranno i vari Villaggi Olimpici nelle sedi di Milano-Cortina, qui confluiranno in totale almeno 4.000 provette, supervisionate da uno staff internazionale di specialisti esterni. La speranza è di trovare pochi positivi, la certezza è che se qualcuno si dopa verrà beccato.
11 dicembre 2025
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