di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén
La versione Platinum costerà almeno 5 milioni di dollari mentre cresce la stretta su migranti e asilo. Critiche politiche e dubbi legali sul programma
Negli Stati Uniti, terra dove tutto può diventare un prodotto da mettere sul mercato, Donald Trump ha deciso che anche la cittadinanza merita un suo «listino prezzi». E così, tra un post trionfale sui social e un sito ufficiale dal design scintillante, il presidente ha ufficializzato la sua ultima creatura politico-commerciale: la «Gold Card», un visto accelerato per chi può permettersi di versare almeno un milione di dollari alle casse federali. Un’iniziativa che, vista da fuori, sembra quasi l’elogio del pragmatismo americano: vuoi vivere negli Stati Uniti? Bene, paga il biglietto d’ingresso (proprio mentre viene varata la «stretta» sui turisti). Ma dietro la patina dorata, il programma apre più interrogativi che porte automatiche.
Presentata sui social dallo stesso Trump come uno strumento per attrarre talenti e capitali internazionali, l’iniziativa segna un cambio di passo significativo: mentre Washington rafforza la linea dura sui flussi migratori irregolari e aumenta i costi dei visti di lavoro tradizionali, apre contemporaneamente un canale privilegiato destinato ai milionari. «Un percorso diretto verso la cittadinanza per tutte le persone qualificate e selezionate. Eccezionale!», ha scritto Trump sui social media, annunciando che il nuovo strumento consentirà agli Stati Uniti di trattenere «preziosi talenti» e rafforzare la competitività delle imprese. »Si venderà a ruba. È un vero affare», assicura il presidente.
Come funziona e quanto costa
Il meccanismo, al di là del nome dorato, è semplice: chi richiede la Gold Card deve versare 1 milione di dollari, oltre a una tassa di elaborazione di 15 mila dollari al Dipartimento della Sicurezza Interna, e superare un controllo di sicurezza approfondito. Le aziende possono sponsorizzare lavoratori stranieri pagando 2 milioni di dollari per ogni dipendente. È prevista anche una versione Platinum, che richiederà 5 milioni di dollari e offrirà agevolazioni fiscali per chi soggiorna negli Stati Uniti con redditi esteri.
L’impianto ricorda da vicino i programmi di golden visa già presenti in diversi Paesi — dall’Unione europea agli Emirati — sebbene negli Usa esista da anni un modello simile, l’EB-5, che richiede però la creazione di posti di lavoro sul territorio. La Gold Card, invece, punta principalmente sull’investimento diretto come garanzia dell’impatto economico.
Critiche e dubbi sulla legittimità
Fin dal suo annuncio preliminare, il piano ha alimentato critiche nel Partito Democratico e tra vari esperti di immigrazione. Secondo alcuni analisti interpellati dal Washington Post e da Reuters, l’amministrazione Trump potrebbe trovarsi ad affrontare contenziosi legali: le modifiche sostanziali alle categorie di visto richiedono infatti l’approvazione del Congresso, e non possono essere introdotte esclusivamente per via regolamentare. Il governo replica che la Gold Card si innesta su categorie esistenti, accelerandone la procedura sulla base di criteri economici più stringenti.
Il timore, segnalano diversi osservatori, è che si crei un sistema migratorio a due velocità: più barriere per chi non ha risorse economiche, più porte aperte per chi può permettersi investimenti elevati. Non solo: la Commissione Europea ha negli ultimi anni criticato programmi simili in vari Paesi membri per i rischi di opacità finanziaria e per il possibile utilizzo improprio da parte di fondi di provenienza non trasparente.
Una scelta in un clima di stretta sui visti tradizionali
Il lancio della Gold Card arriva in un momento di netta discontinuità rispetto alle politiche degli ultimi anni. Washington ha infatti sospeso le domande di immigrazione da 19 Paesi, in gran parte africani e mediorientali, ha congelato migliaia di richieste di asilo approvate sotto l’amministrazione Biden e, lo scorso settembre, ha imposto una tassa da 100 mila dollari per i nuovi richiedenti del visto H-1B, fondamentale per i lavoratori stranieri qualificati e per le aziende tecnologiche. Una decisione che ha generato forte incertezza tra studenti internazionali e multinazionali Usa, prima della parziale rettifica della Casa Bianca, che ha chiarito che l’onere riguarderà solo chi presenta le domande dall’estero.
In questo contesto, la Gold Card viene presentata come una via selettiva per compensare il calo previsto nelle categorie tradizionali, puntando su investitori e professionisti ad alto reddito.
Il nodo politico
Resta aperta la questione più politica: la coerenza del programma con la strategia complessiva dell’amministrazione. Mentre l’esecutivo irrigidisce l’accesso ai visti per studenti, ricercatori e lavoratori qualificati, offre un canale privilegiato a chi dispone di forti capitali. Un modello che, per i critici, rischia di spostare l’attenzione dai criteri di merito e dalle esigenze del mercato del lavoro verso una logica puramente finanziaria.
Trump, dal canto suo, difende la scelta: «Chi può investire cinque milioni di dollari creerà posti di lavoro. È un vero affare», ha dichiarato nei mesi scorsi, sintetizzando la filosofia che guida il nuovo programma. Ma sarà davvero così?
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11 dicembre 2025
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