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Redazione Bergamo
La base a Milano, in un appartamento lo stoccaggio di denaro. il ruolo centrale di due fratelli che facevano da intermediari e fornivano società cartiere. Giro di 30 milioni
La base era un appartamento a Milano intestato a una donna cinese ed era ritenuto da chi indaga «un vero e proprio centro di stoccaggio del denaro contante». Un giro di affari di 30 milioni di euro movimentati nell’arco di sei mesi. La Polizia di Stato ha fermato 9 persone, tra le Province di Brescia, Milano, Bergamo, Lodi, Prato, Rieti e Vicenza. Tra loro, due fratelli di Telgate, che avrebbero fatto da tramite con gli altri indagati, per lo più stranieri. Sono Luca, 59 anni, e Daniele Bertoli, 65 anni, nati a Telgate, dove il maggiore continua a vivere, mentre l’altro nel bresciano. In manette anche Chunhui Hu, 44 anni, Shuzhen Hu, 71 anni, Huihui Hong, 38 anni, Weihong Xu, 31 anni, Denison Hiluku,35 anni, Jacopo Antonioli, 33enne di
Calcinate, Abidemi Ouluwatosin Falana, 43 anni, e Antonino De
Salvo, 56 anni.
Gli indagati sono di nazionalità cinese, albanese, nigeriana e italiana, ritenuti responsabili dei reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio. Un decimo soggetto destinatario di un analogo provvedimento cautelare risulta allo stato irreperibile ed è ricercato in Italia e all’estero. Il ruolo centrale sarebbe quello dei due fratelli, pluripregiudicati, capaci sia di individuare i clienti, sia di fornire proprie società cartiere intestate fittiziamente sia, da ultimo, di mettere in contatto gli imprenditori fruitori del servizio di fatture false con alcuni cittadini cinesi che vivono a Milano, Vicenza e Prato e che restituivano soldi in contanti.
Secondo i pubblici ministeri di Brescia Jacopo Berardi e Flavio Mastrototaro che hanno firmato il fermo, Luca Bertoli aveva la disponibilità di conti esteri. Nonostante delle prescrizioni imposte nei suoi confronti dal Tribunale di Sorveglianza di Venezia che aveva firmato un divieto di allontanarsi dalla provincia di residenza e di frequentare soggetti pregiudicati, «l’imprenditore si è mosso recandosi più volte a Milano per formalizzare incontri finalizzati alla restituzione di denaro contante». Inoltre, secondo le intercettazioni era pronto a scappare dall’Italia: «Sto aspettando il 13 di pagarvi poi scappo, poi me ne vado» ha detto.
Daniele Bertoli è invece considerato fidato collaboratore del fratello, «dispone di una maggiore capacità di movimento» tanto che a lui sono state affidate «sortite all’estero per concretizzare operazioni bancarie con l‘appoggio dei conti correnti stranieri, soprattutto in Polonia».
Le indagini della Squadra Mobile di Brescia sono state avviate a marzo 2025 a seguito di una truffa milionaria ai danni dell’Opera di Santa Maria del Fiore, Onlus che si occupa della gestione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, del Campanile di Giotto e del Battistero di San Giovanni di Firenze – avrebbero svelato un giro d’affari illegale che, nell’arco di circa 6 mesi, avrebbe prodotto un trasferimento illegale di denaro stimato in circa 30 milioni di euro.
I due intermediari e i cittadini cinesi – ciascuno per il tramite delle proprie società «cartiere» – avrebbero emesso le fatture e poi ricevuto il pagamento delle stesse, tramite bonifico bancario, su conti correnti nazionali ed esteri (accesi in Cina, Lussemburgo, Polonia, Germania, Spagna, Lituania, Nigeria e Croazia). È stato poi riscontrato quello che sarebbe il meccanismo di retrocessione del denaro contante, gravato dal pagamento di una percentuale per il servizio svolto oscillante tra il 2% e il 7% a favore dei cittadini cinesi e di un’ulteriore percentuale, pari al 2%, a favore dei due intermediari italiani.
Nelle occasioni in cui sarebbero avvenute queste consegne di denaro, è stato rilevato come i passaggi di denaro sembrerebbero essere stati assoggettati ad un vero e proprio sistema di verifica, consistente nell’esibizione di un «PIN» di riconoscimento. Nel corso dell’attività di indagine è stato riscontrato un ulteriore episodio di riciclaggio a seguito di una frode informatica con il metodo denominato «man in the middle». Infatti, i due intermediari italiani avrebbero collaborato con un cittadino nigeriano e con alcune cittadine cinesi alla distrazione delle somme di denaro provento della truffa ai danni della società di diritto ceco.
I due fratelli italiani avrebbero infatti ricevuto su conti correnti esteri il denaro provento del reato presupposto e lo avrebbero poi dirottato verso conti esteri nella disponibilità di una cittadina cinese. Quest’ultima, con l’ausilio di connazionali che avrebbero materialmente provveduto alla consegna del denaro, avrebbe retrocesso una somma in contanti ai due intermediari italiani, i quali a loro volta (trattenendo anch’essi, come le cittadine cinesi, la propria percentuale) l’avrebbero fatta pervenire al complice nigeriano.
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11 dicembre 2025 ( modifica il 11 dicembre 2025 | 14:41)
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