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Il ministro greco delle Finanze Kyriakos Pierrakakis, 42 anni, sarà il presidente dell’Eurogruppo per i prossimi due anni e mezzo, subentrando all’irlandese Pascal Donohoe, dimissionario per un incarico alla Banca mondiale. Pierrakakis ha prevalso sul ministro del Bilancio belga, Vincent Van Peteghem, nella votazione tenuta dai ministri delle Finanze dell’Eurozona, con l’endorsement a suo favore esplicitato subito prima dalla Germania.

A dieci anni dal momento più critico della crisi dei debiti sovrani sarà dunque il Paese emblema di quella crisi, la Grecia, a guidare l’istituzione chiamata allora a prendere decisioni chiave sul futuro di Atene e dell’Europa. È ancora viva la memoria di quelle drammatiche riunioni del giugno-luglio 2015, quando la Grecia, all’epoca guidata da Alexis Tsipras e dal controverso ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, era sull’orlo del default e sembrava in procinto di uscire dall’euro.

Poi tre piani internazionali di salvataggio, un percorso di risanamento “lacrime e sangue” durante il quale l’Eurogruppo e le istituzioni europee in genere venivano percepite in Grecia come odiosi guardiani del rigore, infine una rinascita che vede oggi il Paese tra i pochi che vantano surplus di bilancio (1,1% del Pil secondo le ultime stime 2025 della Commissione), una crescita superiore a quella di molti partner e un debito ancora record (147,6% del Pil), ma in costante e decisa riduzione.

Un identikit che ne fa una sorta di allievo modello, come aveva giustamente sottolineato alla vigilia del voto Jeroen Dijsselbloem, l’ex ministro delle finanze olandese che presiedeva l’Eurogruppo proprio ai tempi dei bailout: «Sarebbe il riconoscimento del successo della Grecia nel voltare pagina. Il lavoro duro e le riforme hanno pagato: un esempio per molti altri Stati membri». E come lo stesso Pierrakakis, nella lettera in cui si è candidato, sottolineava: «La mia generazione è stata plasmata da una crisi esistenziale che ha rivelato il potere della resilienza, la necessità di riforme e l’importanza strategica della solidarietà europea. La nostra storia non è solo nazionale, è profondamente europea»

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A favorire Pierrakakis, esponente del Partito popolare europeo, può dunque essere stata questa narrativa, insieme alla generale buona impressione suscitata tra i colleghi nelle riunioni degli ultimi mesi. Nella citata lettera di candidatura ha indicato tra le sue priorità l’Unione del risparmio e degli investimenti, il completamento del mercato unico, l’euro digitale e la sovranità tecnologica dell’Europa. È inoltre un sostenitore convinto di fusioni e acquisizioni transfrontaliere, nonché della creazione di “campioni europei”.