di
Marco Imarisio

Molti commentatori a Mosca ribadiscono che gli obiettivi russi si raggiungono con la forza militare. E che la pace non è «utile»

«Cerchiamo di essere onesti. Gli obiettivi principali della Russia sono l’affidabilità e la sicurezza dei confini che stiamo acquisendo, la governabilità del territorio, lo sblocco delle capacità economiche nazionali per lo sviluppo. E diciamocelo chiaro, il metodo principale per raggiungerli è la forza militare».

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Quella di Fyodor Lukyanov è una voce che nel coro dell’ultranazionalismo si distingue spesso per la sua brutale sincerità.

Figlio illegittimo del celebre attore Aleksandr Shirvindt, direttore del teatro della Satira di Mosca morto l’anno scorso, studi letterari, un lontano passato da liberale alle spalle. Dirige la rivista Russia nella politica globale, fa parte del Consiglio per la politica estera e di difesa, un think tank di consulenti del governo. Editorialista molto conteso, che oggi lavora per Rossijskaya Gazeta e Kommersant, Lukyanov ha firmato un articolo che se non altro chiama le cose con il loro nome, rivelando le certezze che muovono le attuali scelte del suo Paese, e anche le paure inconfessate.

La leva delle ostilità

«Finché le ostilità continueranno, questa leva rimarrà» scrive. «Non appena cesseranno, la Russia si ritroverà sola (non facciamoci illusioni) di fronte a una pressione politica e diplomatica coordinata. Dopo aver determinato autonomamente le nostre vere aspirazioni, è necessaria anche la diplomazia, ma soltanto come accompagnamento alle azioni militari. Tuttavia, non c’è dubbio che la leadership russa lo comprenda bene».

La svolta della Casa Bianca

L’intero mondo si strugge spaccando il capello in quattro, esaminando ogni singola virgola di un eventuale negoziato di pace. Ma la Russia non sa più come dircelo, di non essere al momento interessata, e se non altro può permettersi di farlo con parole nette. Come quelle usate dall’agenzia statale Ria Novosti nel suo ultimo editoriale, che commentando il nuovo documento sulla sicurezza nazionale degli Usa, sostiene che la svolta della Casa Bianca è una semplice conseguenza degli attuali rapporti di forza sul fronte ucraino.

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Novità e vecchi passaggi

«La spiacevole, ma dura, verità è che non ci sarebbe stata alcuna novità “filo-russa” se avessimo già perso la guerra per procura con gli Stati Uniti e l’Europa. Tutti i vecchi passaggi sarebbero stati trasferiti meccanicamente dalle versioni precedenti a quella nuova. Perché preoccuparsi di “cooperazione reciprocamente vantaggiosa” e “stabilità strategica” con il perdente?» Al momento, l’unica moneta che la Russia offre sul mercato della geopolitica è quella della forza. «Se fossimo una nazione indifesa e sconfitta che giace ai suoi piedi», continua Ria Novosti, «Trump se la metterebbe in tasca senza battere ciglio: niente di personale, sono solo affari, tesoro». La conclusione riproduce il pensiero di Lukyanov. «Questo sottolinea una semplice verità: con una parola gentile si ottiene molto, ma con una parola gentile e una Operazione militare speciale molto di più».

«Pensiamo ad avanzare»

Non sembra una ubriacatura generale causata dal profumo di vittoria imminente, l’unanimità delle opinioni che insistono sulla necessità della guerra a ogni costo, quanto un esercizio della famosa realpolitik russa. «Pensiamo piuttosto ad avanzare su Chernihiv» afferma Aleksandr Kots, il più celebre dei blogger di guerra promosso commentatore di Komsomolskaya Pravda. «Se abbiamo la prontezza e la possibilità di aprire un altro fronte, sarà un fatto che rinforza la nostra posizione negoziale: come a dire che se non volete restituirci le nostre quattro regioni per intero, allora ce ne dovrete cedere di più».

«Il cessate il fuoco non è nei nostri interessi»

Emblematico il titolo del Moskovsky Komsomolets: «Ecco perché un cessate il fuoco per consentire a Zelensky di svolgere le elezioni non rientra nei nostri interessi». Curioso come anche lo svolgimento dell’articolo sia comprensivo di un appello all’onestà collettiva. «Dobbiamo ammettere a noi stessi che non daremo mai il consenso a una tregua, perché abbiamo bisogno di una completa capitolazione dell’Ucraina». A giudicare dal tono del dibattito generale, come minimo la Russia rimane convinta che la pace forse potrebbe pure andare bene, ma solo a modo suo.

12 dicembre 2025 ( modifica il 12 dicembre 2025 | 07:27)