di
Elisabetta Andreis
I residenti di Brera dopo l’alt imposto dal gup: «Abbiamo tentato in tutti i modi di opporci a questa costruzione. In cantina sono arrivate pantegane, guardare in alto è un orrore»
Via Anfiteatro è una gola stretta che rimane nascosta rispetto al via vai di corso Garibaldi. Una fenditura di case dove si pianta una «torre bianca con appendice» cresciuta accanto al civico 5, così vicina da sembrare un errore di prospettiva. A pochi centimetri dai balconi un muro verticale «che taglia luce e aria come un coperchio buttato sul quartiere», per dirla con Silvia Ambrosoli, 58 anni, chimica, terzo piano. Ieri mattina, alle 7.30, esce di casa per andare al lavoro e trova il trambusto: i finanzieri, il sequestro, il cancello sbarrato.
«Sembra una presa in giro, abbiamo tentato in tutti i modi di opporci a questa costruzione. E adesso la fermano? Dopo così tanto tempo? O la abbattono — e siamo tutti d’accordo — oppure era meglio lasciare che la finissero. Perché così tutto ricade su di noi, e chissà per quanto tempo». Il suo balcone è diventato una fessura. «Non posso più uscire. La torre è attaccata. Sembra che venga addosso. Guardare verso l’alto è un orrore, ma anche guardare giù». Il piano strada è un accumulo circondato dalle paratie del cantiere: sacchi sfondati, ferri storti, cartoni gonfiati dall’umidità. «Schermati dietro i pannelli, la notte, dormono in tanti. E il cantiere ha occupato sempre di più lo spazio antistante al palazzo. Non riusciamo nemmeno a entrare nel cancello con l’auto. Non la accettiamo questa cosa: devono liberare e rimettere tutto a posto subito almeno il marciapiede, a spese loro», protesta Maria Grazia Bordoni, casalinga del quinto piano. Poi lo sguardo si indurisce. «I cani hanno il gabinetto, restano giorni e settimane… e la chiamano Brera?».
Prima c’era una casetta di tre piani, con la targa della Resistenza. Il ricordo: l’occupazione abusiva, lo sgombero, poi il crollo improvviso. «Lo ricordo, quel giorno, con la paura che ho preso». Le macerie lasciate a marcire per anni. E ora la torre. Al quinto piano Maria Rizzonelli, ex docente dello Schiaparelli quando l’istituto era in zona, apre la finestra sul soggiorno come su un luogo estraneo. La luce è scivolata via. «Avevo il tramonto sul tavolo della cucina fino alle nove di sera. Adesso è tutto buio». Il palazzo nuovo entra in casa. «Dalle finestre della torre possiamo stringerci la mano, passarci il pane. Abbiamo paura che qualcuno entri».
Poi il colpo sotto: «In cantina sono arrivate pantegane. Mai avute. Hanno scavato e rimestato tutto. Una vicina ha dovuto rifare il pavimento: hanno rotto i tubi, si è allagato tutto, e prima che rimediassero ne è passato, di tempo», riprende Bordoni. Ricorda l’ufficio vendite allestito all’angolo. «Mostravano render di monolocali luminosi. Spero solo che nessuno abbia già comprato, altrimenti altre famiglie resteranno sospese nel limbo,- come sui Navigli e in altre zone della città». Il sequestro di ieri mattina irrigidisce la scena: tecnici che fotografano le crepe, recinzioni che il vento piega come vele sporche. Dall’alto, la strada è un pozzo: un unico taglio verticale in cui la torre si impone sul resto. Al quarto piano, il notaio Alberto Villa segue tutto con la calma di chi ha archiviato ogni documento. «Tar 2021, Consiglio di Stato 2022. Avevamo presentato ricorso insieme a quelli del palazzo di fronte. Per un anno si erano fermati, poi hanno ripreso. Ci hanno dato torto e non si capisce perché la giustizia amministrativa aveva considerato legittimo un intervento edilizio che adesso finalmente la Procura e il gip considerano abusivo». La frustrazione è una linea netta. «Mi mangio le mani che non siamo andati in Cassazione».
Poi il gesto che segna tutto: il braccio che indica la torre come si indica un abuso evidente. «Questo mostro incombe. È tirato su con approssimazione, fuori da ogni regola. Ci toglie luce, aria, spazio». Villa ha due alloggi: quello piccolo è oggi invendibile. «Non riesco più ad affittarlo. Il balconcino è attaccato alla costruzione». Tutto converge qui, in questa gola stretta dove la torre non è più un edificio, ma una presenza che sovrasta, comprime, cancella. Un corpo estraneo che preme contro due palazzi. Il sequestro apre una parentesi giudiziaria, non la soluzione. «Non sposta di un millimetro la massa bianca che sta lì ferma addosso ai nostri balconi, come un errore che nessuno ha ancora il coraggio e la forza di correggere buttando giù tutto». La domanda è una sola: da dove può tornare la luc
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12 dicembre 2025 ( modifica il 12 dicembre 2025 | 07:36)
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