di
Angela Cotticelli
Obesità, pubertà precoce o tardiva, problemi del neuro-sviluppo sono solo alcune delle conseguenze che i perturbatori endocrini possono avere sui bambini. I consigli degli esperti per proteggere i più piccoli
Negli ultimi anni il mondo accademico ha focalizzato la propria attenzione sui perturbatori endocrini. Secondo la definizione dell’OMS, sono «una sostanza o miscela di sostanze esogene che alterano la funzione o le funzioni del sistema endocrino e, pertanto possono causare effetti nocivi sulla salute di un organismo intatto, o la sua progenie, o le (sotto)popolazioni». Studi recenti hanno dimostrato che in età pediatrica possono essere la causa di obesità, pubertà precoce o tardiva e problemi del neuro-sviluppo. Ma come riconoscere queste sostanze e cosa fare per difendersi?
Perturbatori Endocrini: la pelle fa da tramite
Nel 2021 il Rapporto ANSES – Agenzia nazionale per l’alimentazione, l’ambiente e la salute e la sicurezza sul lavoro francese – ha identificato ben 906 sostanze da attenzionare, presenti in molte categorie di uso quotidiano: non solo pesticidi e diserbanti, ma anche plastica e cosmetici. «Nel caso dei Perturbatori Endocrini la pelle fa da tramite, si lascia ingannare da queste sostanze e mette il semaforo verde – spiega Pucci Romano, dermatologa, docente di Tecniche dermatologiche applicate alla cosmetologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e presidente Skineco, Associazione internazionale di dermatologia ecologica –. In questo modo penetrano al suo interno con un meccanismo simil-ormonale. E le conseguenze sono molteplici. Tra queste, l’aumento dell’endometriosi, infertilità maschile, pubertà precoce o tardiva, disturbi del neurosviluppo».
Obesità e pubertà precoce: alcune tra le conseguenze
«Gli inquinanti ambientali agiscono come veri e propri interferenti endocrini, in grado di alterare profondamente l’equilibrio ormonale dell’organismo – spiega Annamaria Colao, Vice Presidente, Consiglio Superiore di Sanità, Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università Federico II di Napoli -. L’aumento dell’obesità osservato negli ultimi decenni è in parte correlato alla diffusione di queste sostanze, che interferiscono con i meccanismi di regolazione metabolica. Molte di queste sostanze mimano l’azione di estrogeni e testosterone, anticipando la pubertà o alterando la normale funzione riproduttiva. L’esposizione a metalli pesanti come ferro, piombo e manganese può determinare ipofunzione endocrina, soprattutto a carico della tiroide, la cui infiammazione autoimmune, come nella tiroidite di Hashimoto, risulta oggi in costante aumento. Siamo costantemente esposti a queste sostanze, ma non possiamo sempre quantificare il loro impatto. Le microplastiche, ad esempio, sono state ritrovate nei microvasi e perfino nella placenta, testimoniando la loro capacità di penetrare in profondità nei sistemi biologici».
I danni sullo sviluppo dei bambini
«I Perturbatori Endocrini rappresentano una oggettiva emergenza di salute pubblica, perché la popolazione è esposta diffusamente attraverso oggetti di uso comune come la plastica, sostanze chimiche industriali, pesticidi. Interferenti endocrini sono contenuti in alcuni tipi di creme solari – avverte Annamaria Moschetti, pediatra dell’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), Coordinatrice del gruppo di Lavoro sull’ Ambiente dell’Ordine dei Medici di Taranto -. Queste sostanze possono agire anche a basse dosi. Ci sono prove di effetti sullo sviluppo neurologico dei bambini, come disturbi dello spettro autistico e disturbo da iperattività e disattenzione, aggressività e disturbi della condotta, patologie in forte aumento negli ultimi decenni. In ossequio al principio di precauzione sono indispensabili azioni urgenti a tutela della salute pubblica, tra cui limitare fortemente la produzione e l’uso della plastica. Inoltre, abbiamo suggerito che le creme solari siano considerate farmaci e non cosmetici in libero acquisto e che siano eliminate dal commercio quelle contenenti filtri ad azione interferente endocrina».
Verso un’etichetta trasparente
«Non possiamo nasconderci dietro un dito, il problema c’è e va comunicato al cliente finale sulla base del principio di precauzione citato nell’ articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea – sottolinea Fabrizio Zago, Chimico Industriale, esperto di Biodegradabilità e Bioeco-compatibilità e membro Skineco -. Tale principio impone che, in presenza di un dubbio fondato circa la sicurezza di una sostanza o di un prodotto, si adotti sempre l’approccio più cautelativo. Gli interferenti endocrini sono sostanze che possono agire su tre principali ambiti: sugli esseri umani, sugli organismi viventi in natura e sull’ambiente, dove tendono ad accumularsi. Riguardo gli effetti sugli esseri umani, le sostanze vengono distinte in categoria 1, ovvero quelle riconosciute con certezza come interferenti endocrini, e categoria 2, che include quelle per le quali esiste un sospetto fondato ma non ancora confermato. L’Unione Europea ha introdotto nuove disposizioni che impongono ai produttori di materie prime di dichiarare la presenza, certa o sospetta, di interferenti endocrini nei propri prodotti. Dal 1° maggio 2025 tale informazione deve essere obbligatoriamente riportata in etichetta a livello industriale, anche se i consumatori finali ne sono ancora all’oscuro. Per fortuna, dal 1° marzo 2026 l’obbligo di indicazione in etichetta sarà esteso anche ai prodotti destinati al consumatore finale, garantendo così una maggiore trasparenza e tutela della salute pubblica».
Cosa possiamo fare
«La situazione appare scoraggiante, poiché l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo è ormai globale, e ridurre l’esposizione al minimo non basta: anche concentrazioni apparentemente innocue possono risultare tossiche per effetto cumulativo – continua Colao -. Di fronte a questo scenario, la prevenzione individuale rimane fondamentale. È consigliabile evitare i cibi ultraprocessati, preferendo alimenti freschi e di alta qualità, cucinati a casa a basse temperature».
«Ciò che fa male alla pelle fa male all’ambiente e viceversa. Perciò la scelta dei consumatori dovrebbe orientarsi verso cosmetici ecodermocompatibili. In particolare un cosmetico deve rispondere non solo alle normative che già lo regolamentano, ma anche a due esigenze. Innanzitutto l’affinità con la pelle (dermo-compatibilità), ossia la compatibilità del prodotto con l’ecosistema cutaneo. E poi il rispetto per l’ambiente ovvero l’ecologicità, che riguarda tutta la filiera produttiva, dalla composizione al packaging al corretto smaltimento. Questo perché tutto ciò che ci spalmiamo addosso, attraverso l’acqua, va a finire nei fiumi e da lì nel mare, rischiando di inquinare interi ecosistemi. Inoltre, dobbiamo educare il consumatore a leggere l’INCI, ossia la lista degli ingredienti contenuti in un cosmetico, elencati in ordine di quantità dalla percentuale più elevata», conclude Pucci Romano.
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12 dicembre 2025
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