di
Andrea Ducci

L’aggiornamento sul piano industriale di Fs fornisce i numeri del 2025 e svela il progetto strategico che prevede 177 miliardi di investimenti entro il 2034 per il gruppo guidato da Stefano Donnarumma

L’aggiornamento sul piano industriale di Fs fornisce i numeri del 2025 e svela il progetto strategico che prevede 177 miliardi di investimenti entro il 2034 per il gruppo guidato da Stefano Donnarumma. «Le cifre indicano che nel 2025 sono stati effettuati 18 miliardi di investimenti, che abbiamo recuperato tre punti percentuali in termini di aumento della puntualità e che torneremo ad avere un risultato positivo», spiega l’ad di Fs. Ma il punto cruciale è come finanziare gli investimenti sulla rete programmati al ritmo di almeno 10 miliardi all’anno, dopo che nel 2026 arriveranno gli ultimi 7 miliardi grazie al Pnrr. Restano, per esempio, il completamento di tratte come la Napoli- Bari, la Salerno-Reggio Calabria, la Milano-Trieste e il passante dell’Alta velocità a Firenze.

Prima del Pnrr investivate sulla rete circa 4 miliardi all’anno, se l’obiettivo è continuare a investirne una decina ogni anno ne mancano all’appello oltre la metà. Dove li troverete?
«La premessa è che vanno completate le opere previste dal piano decennale delle infrastrutture, elaborato da Fs e dallo Stato attraverso i suoi uffici. D’altra parte sappiamo quanto sia difficile trovare le risorse pubbliche, in fase di legge di bilancio vediamo com’è complicato individuare un equilibrio tra tutte le partite. Per questo stiamo guardando ad altri modelli di finanziamento».



















































In assenza di trasferimenti pubblici come si fa?
«Da anni gli investimenti nelle infrastrutture elettriche, del gas e dell’acqua vengono realizzati applicando il metodo della rab (regulated asset base), uno strumento di finanziamento che incentiva gli investimenti nei settori di utilità pubblica, garantendo l’equilibrio tra sostenibilità economica e benefici per la collettività. L’ipotesi è applicare questo strumento alla rete dell’Alta velocità. Si definisce, insomma, un piano decennale e poi attraverso il pedaggio sui binari si remunera il capitale investito intorno al 5-6%».

Lei non fa mistero che il pedaggio sui binari accordato a Rfi è un terzo del valore medio pagato nel resto della Ue. È destinato ad aumentare, con effetti anche sui biglietti del treno?
«Anche qui è utile riassumere il quadro di insieme: i prezzi dei treni ad Alta velocità in Italia sono tra i più bassi d’Europa e, come detto, il pedaggio per transitare sui binari anche. Quest’ultimo in particolare è rimasto a lungo invariato. Lasciando all’Authority di regolazione il compito di valutare i nuovi pedaggi, si può però immaginare una crescita graduale di questo pedaggio per avvicinarsi ai livelli del resto d’Europa, generando ricavi che ripagherebbero l’equity, investita nel veicolo societario con la rete Av, da parte di fondi infrastrutturali e fondi pensionistici assicurativi di matrice anglosassone. Aprire a questa opportunità susciterebbe anche un interesse molto forte dei fondi italiani».

Quanto vale la rete ad Alta velocità oggi?
«Ha un valore virtuale, ma se lo guardassimo come valore regolatorio si tratta di circa 10 miliardi. Aprire a una minoranza del 40%, garantirebbe cioè circa 4 miliardi e la possibilità di accedere al credito, perché nel frattempo migliorerebbe la posizione finanziaria netta di Fs. L’investitore che sottoscrivesse questo “grande bond”, dovrebbero avere la capacità di investimento nei successivi anni. Questo è lo schema di gioco, anche se non ancora interamente definito sappiamo già che i fondi sono interessati».

Tornando al modello per finanziare gli investimenti, la rab è l’unica alternativa?
«Un’altra possibilità prevede l’apertura e la condivisione di una parte del nostro capitale a fondi di investimento. Un meccanismo di partecipazione diretta in alcune delle nostre società di qualche fondo, consentendogli di ottenere il ristoro dell’equity investita, senza, tengo a sottolineare, che abbia pretese di governance».

Qual è il destino di Anas, uscirà dal perimetro di Fs?
«Ogni progetto ha un motivo per cui nasce e può avere un motivo per cui finisce. Oggi le Ferrovie sono focalizzate su un piano come quello che abbiamo descritto, perciò ritengo che il 2026 sia l’anno per stabilire l’uscita di Anas. Nelle prossime settimane capiremo come da un punto di vista di percorribilità di tipo normativo e sul bilancio dello Stato».

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12 dicembre 2025