di
Giuseppe Sarcina

Sui confini (forse) c’è il compromesso. E spuntano prospettive per Washington sul gas russo, che l’Europa non vuole più

I negoziati stringono su tre punti: territori, garanzie di sicurezza, adesione dell’Ucraina all’Unione europea nel 2027. Inoltre prende forma lo scenario economico per il dopo guerra, con un massiccio programma di investimenti russo-americani. In queste ore, le proposte e i documenti si sovrappongono. 

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Dall’Alaska al Donbass

A che punto siamo? È utile rivedere il percorso della trattativa negli ultimi quattro mesi, dal vertice Trump-Putin del 15 agosto ad Anchorage, in Alaska. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov continua a farvi riferimento. Dopo quel summit iniziò un’intensa trattativa condotta dagli inviati americani, Steve Witkoff e Jared Kushner, con il finanziere russo Kirill Dmitriev. Risultato: il piano in 28 punti, pubblicato il 20 novembre scorso.

Nel documento si legge che la Crimea e i distretti di Lugansk e Donetsk «saranno riconosciuti di fatto come territori russi dagli Stati Uniti». Ciò significa che gli americani avevano accettato la pretesa avanzata da Putin di incamerare anche una quota del Donbass ancora controllata dall’esercito ucraino. Trump, invece, ha respinto la contro proposta degli europei, fissata nel «piano di 24 punti», diffuso il 23 novembre scorso. I leader del Vecchio continente suggerivano di affrontare la questione territoriale, solo dopo il cessate il fuoco. L’idea sottostante era quella rilanciata adesso da Zelensky: congelare la linea del fronte sul modello coreano. Ai russi vanno i distretti conquistati con la forza, compresi un’ampia porzione di Kherson e Zaporizhzhia, dove si trova la centrale nucleare. Ora si profila un’altra soluzione di compromesso: gli americani insistono perché Zelensky si ritiri da tutto il distretto di Donetsk, offrendo in contropartita la creazione di una zona demilitarizzata per impedire nuove avanzate russe. Gli ucraini, scrive Le Monde, starebbero per accettare. Vedremo cosa risponderà Mosca.

Tra Nato e Ue

L’altra questione chiave è quella sulle garanzie di sicurezza. Già nel testo di Witkoff e Dmitriev era prevista l’istituzione di un meccanismo simile all’articolo 5 della Nato (tutti gli alleati corrono in soccorso del partner aggredito). Gli europei hanno cercato di precisare meglio gli impegni, prevedendo, nel testo dei 24 punti, la possibilità che l’Ucraina possa chiedere agli alleati di schierare soldati sul suo territorio. Zelensky spinge per dare un ruolo militare anche agli europei; dall’altra parte Putin vuole semplicemente escludere questa prospettiva («europei inutili»).

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In parallelo, Zelensky ora propone un ingresso accelerato nella Ue: al più tardi entro il 2027. La prospettiva di «una corsia preferenziale» era già indicata nel piano russo-americano, mentre nella versione europea troviamo una frase più generica: «L’Ucraina diventerà membro della Ue». La scadenza del 2027 non è concordata né con Bruxelles né con altre capitali europee. Finora si stava ragionando sul 2030. Risulta che il governo di Kiev sia pronto a rinunciare a qualche vantaggio economico, per esempio a una parte dei sussidi sull’agricoltura.

Il flusso dei soldi

Infine, le risorse finanziarie. Qui Zelensky sta mostrando il massimo della flessibilità. Chiede di utilizzare, in qualche modo, le riserve monetarie russe, dal valore di 185 miliardi di euro, custodite dalla società Euroclear in Belgio. Ma sollecita anche investimenti privati. L’altro giorno ne ha parlato con Larry Fink, amministratore delegato di BlackRock, uno dei più importanti fondi di investimento al mondo. 

La Casa Bianca, riprendendo proprio un altro passaggio del piano in 28 punti, apre a una fitta serie di investimenti anche con la Russia. Secondo il Wall Street Journal, una parte delle riserve monetarie russe potranno servire per la ricostruzione ucraina. Nello stesso tempo le imprese Usa investiranno nei settori strategici sul territorio russo, dalle terre rare all’estrazione di petrolio nell’Artico. E lavoreranno per ristabilire il flusso di energia tra la Russia e l’Europa. Un’indicazione che appare surreale, visto che la Ue ha appena deciso di interrompere per sempre la dipendenza energetica da Mosca.

12 dicembre 2025 ( modifica il 12 dicembre 2025 | 11:48)