Umberto Tozzi non sparisce: si trasforma, rinasce. E così mentre il 73enne cantautore di Torino ha annunciato il suo addio alle scene – l’ultimo tour è in programma in Italia e in Europa tra marzo e maggio, dodici date in tutto nei palasport, una delle motivazioni principali dietro il ritiro è la salute – eccolo lanciare questo Gloria. Il musical, la prima commedia musicale ispirata al suo repertorio, da Ti amo in giù. 

Sorpresa: è in piena lavorazione, al punto che una Gloria, ancora, non c’è, sono aperti i provini per l’attrice che la dovrà interpretare (età scenica tra i 20 e i 35 anni, fatevi avanti). “Ho sempre creduto che Gloria potesse trovare la sua dimensione naturale in un musical”, racconta lui, al momento impiegato a chiudere una carriera da ottanta milioni di dischi venduti in tutto il mondo dal 1968 a oggi, perlomeno come protagonista. Poi, si sposterà dietro le quinte. L’eredità di Gloria e soci, si capisce, è troppo grande per lasciarla a sé stessa. “E infatti considero questo progetto un premio alla carriera pari al Golden Globe che ho ricevuto”.

Come s’immagina la Gloria del musical?

“Ancora non lo so, ci stiamo lavorando. Non so chi la interpreterà, non ne ho ancora individuato il volto, né il colore dei capelli. Ma so che la troverò. M’interessa che abbia personalità vocale, che sappia stare sul palco. E che abbia un viso che trasmetta emozioni. Cerco purezza e determinazione, perché nella storia lei lotta contro la volontà dei genitori per diventare una cantante, passando per salite e discese”.

Che musical sarà?

“Una storia moderna, che spero possa portare a teatro sia i giovani e sia chi comunque, di solito, non ci va. Non ci sarà una band dal vivo, ma gli attori canteranno live. E non sarà solo un jukebox dei miei pezzi più famosi. Certo, non mancheranno i classici. Ma per esempio ci sarà anche Mi manca, tratta dal mio primo disco, un brano che non porto mai sul palco e che ho riscoperto”.

Senta, perché Gloria è una canzone speciale?

“È una delle canzoni più famose del mio repertorio, non mi ha mai stancato e, anzi, ho con lei un rapporto di fiducia. Anche perché, per fare questo musical, oggettivamente ci vuole coraggio. Partiremo dall’Italia, un paese che notoriamente non ha una tradizione di genere e, in questo senso, spero che portare un nome così importante – Gloria, appunto – possa servire da trampolino di lancio, per superare le prime naturali difficoltà. Io sarò direttore artistico, non sarò sul palco. Dall’altro lato, avere alle spalle una canzone tanto famosa significa che i protagonisti in scena dovranno essere altrettanto forti”.

Ambizioni?

“Mah, se penso che la versione inglese di Gloria è stata per settimane in cima alle classifiche americane, be’… ora con il musical ci auguriamo di arrivare a Broadway (ride)”.

Gloria, la canzone, è uscita nel 1979. Com’è cambiata la musica italiana nel frattempo?

“È cambiata radicalmente, com’è anche giusto che sia. Abbiamo sempre prodotto un sacco di giovani artisti e ora, ecco, mi sembrano ancora di più. Ma è giusto, così com’è giusto che i generi si siano moltiplicati: al pop melodico, al rock e al jazz si sono uniti il rap, la trap e chissà quanti altri”.

Ci siamo persi qualcosa per strada?

“Dovremmo cambiare atteggiamento e, in questo senso, imparare dagli Stati Uniti, che guardano al futuro senza dimenticare le proprie radici. Il grande errore che si compie in Italia è di considerare tutto come un unico, grande campionato. Questo significa che alcuni generi, inevitabilmente, si trovano in difficoltà rispetto ad altri. È quello che sarebbe successo anche in America, appunto, con suoni tradizionali come il country, che rappresentano le loro radici. La soluzione? Hanno ideato delle classifiche apposite, così che la visibilità sia sempre ripartita e non ci siano confronti improbi. Ci sono la hit parade pop, quella country, quella jazz, eccetera. Dovremmo pensarci anche noi, così che ogni genere abbia le proprie star”.

Non è che sta ripensando al suo ritiro?

“Affatto (ride). Certo, più il tour si avvicina alla chiusura – ormai sono due anni che vado avanti con i saluti – e più sento scendere una lacrima. Questi dodici concerti del 2026 saranno davvero gli ultimi. E, devo dire, sono soddisfatto in generale di com’è andato questo tour d’addio. Abbiamo girato il mondo, da Dubai all’Italia, in location bellissime come le Terme di Caracalla di Roma e Piazza San Marco a Venezia. È stato un giro d’onore. Riascoltare L’ultima notte rosa Live (2025), il disco dal vivo che abbiamo registrato proprio in questi appuntamenti, mi ha fatto sentire in pace con me stesso: i grandi musicisti con cui mi sono esibito hanno riarrangiato e arricchito le canzoni e, in generale, sento che è un progetto che ha un’anima. Non è scontato. Sono soddisfatto così”.

Soddisfatto, ok, e ora anche con un musical in lavorazione. E poi? Finisce qui? Cosa le manca ancora?

“Valuterò alla giornata. Se Dio mi manderà qualche buona idea, vedrò di portarla a termine. Non escludo niente, tranne un ritorno sulle scene”.