Su Instagram per alcuni utenti debutta AI Studio, una funzionalità utile a creare bot, ma che non è esente già dalle prime insidie

Mentre Mark Zuckerberg con toni trionfali racconta i successi di Meta e la sua visione di Superintelligence, in sordina su Instagram è stata resa disponibile (ma non per tutti) la funzionalità AI Studio, raggiungibile attraverso un’icona all’interno della posta privata, ovvero i Direct Message. E già nelle prime settimane dal debutto ce n’è proprio per tutti i gusti. Fin troppo.

Le chat AI

Come detto, le chat AI sono create dagli utenti, che possono scegliere il tipo di personalità del chatbot, crearne l’immagine di profilo, assegnarne uno scopo e così via. Appena si accede alla sezione Studio AI (l’icona è una sorta di stellina con un viso sorridente in alto a destra nella schermata dei DM), si vedrà una selezione dei chatbot più popolari. Peccato  che i primi chatbot in cui ci siamo imbattuti contengano bestemmie, mentre altri hanno connotati femminili e battezzati con nomi a forte sfondo sessuale. Ma ci sono anche forme dialettali fortemente volgari e meme brainrot  come  «ballerinacappuccina». Questo nonostante l’attività di controllo offerta da Meta per verificare che i bot creati siano idonei. 



















































Ma giusto per non tralasciare anche un po’ di macabro, si potrà interloquire anche con il bot Filippo Turetta, per una «conversazione con un tocco di eleganza» che ha generato ben 13.202 messaggi fino ad ora e come rifiutarsi dal chiacchierare con il bot Massimo Bossetti, che si presenta così: «Ciao, sono Max e sono qui per risolvere i tuoi problemi».

A cosa servono i bot?

Attualmente i bot hanno un dialogo un po’ limitato e ripetitivo, ma spesso suggeriscono all’utente, che dovesse manifestare comportamenti strani, di contattare organizzazioni quali il Telefono amico, servizi di emergenza o quant’altro. Anche se gli utenti dovessero creare un bot con nomi “creativi” e “sopra le righe”, i messaggi saranno comunque creati dall’AI di Meta. Ogni bot mostra il numero dei messaggi scambiati e lo username dell’utente che lo ha creato. A sua volta, il profilo dell’utente che lo ha creato, mostra un collegamento al bot vicino alla bio. 

Ora come ora l’utilità dei bot è molto limitata, ma possono anche creare immagini, coinvolgere gli utenti in diverse attività, perlopiù di intrattenimento e sembra che lo scopo per il quale siano stati resi accessibili sia la possibilità di aumentare l’utilizzo della piattaforma su cui sono ospitati. Il vero interrogativo risale alla moderazione di Meta: alcuni dei bot si spacciano per professionisti di igiene mentale o di consulenze. Anche se i limiti delle conversazioni sono monitorati da Meta, la domanda verte sull’utilizzo in particolare dei più giovani che si confrontano con bot che vengono spacciati per psicologi dai rispettivi creatori.

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2 agosto 2025