di
Gianna Fregonara e Orsola Riva

Il confronto fra studenti promossi al test e studenti bocciati riammessi dopo il ricorso al Tar dimostra che i primi hanno più probabilità di successo: più esami, voti più alti, percorso più regolare degli studi

Ma siamo sicuri che il vecchio quizzone di medicina fosse proprio da buttare? Che non bastasse rivederlo nelle sue parti più deboli? Per esempio le famigerate domande di cultura generale, che nulla avevano a che vedere con la futura professione medica e talvolta neanche con la cultura generale (una per tutti: sapete cos’è una Zapoteca? Qui la risposta). Uno studio congiunto dell’Università di Torino e di quella del Piemonte Orientale a Novara dimostra che, per quanto imperfetto, il sistema di sbarramento all’ingresso che è rimasto in vigore per 25 anni (dalla legge sul numero chiuso approvata nel 1999 dal governo D’Alema fino alla riforma Bernini che da quest’anno ha introdotto il nuovo sistema del semestre filtro) non era una lotteria affidata al caso, ma come si dice in statistica, aveva una buona capacità predittiva, nel senso che chi passava il test aveva ottime chance di laurearsi presto e bene, mentre chi restava fuori avrebbe faticato molto di più a portare a termine gli studi. 

I ricorsi al Tar

Un confronto impossibile, si dirà. No, perché c’è stata almeno un’occasione in cui il «catenaccio» dei test d’accesso è stato forzato dai ricorsi al Tar, permettendo l’ingresso a Medicina di un numero di bocciati quasi a quello dei promossi. Era il 2014-15 e, a seguito di una serie di irregolarità nella prova, i giudici amministrativi riammisero al corso di laurea 9000 bocciati al test che ottennero di poter proseguire gli studi in sovrannumero, insieme ai circa 10 mila promossi. Lo studio in questione, firmato da otto docenti piemontesi (Giuseppe Migliaretti, Corrado Magnani, Salvatore Bozzaro, Roberta Siliquini, Ilaria Stura, Marco Krengli, Giuseppe Costa, Franco Cavallo) ha analizzato gli esiti universitari di 781 matricole di una delle tre sedi piemontesi di Medicina (Torino, Molinette, Torino San Luigi e Novara) confrontando i risultati dei 605 studenti entrati regolarmente, cioè dopo aver passato il test, e dei 176 studenti bocciati al test ma riammessi a seguito del ricorso al Tar.



















































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Esami e voti

L’analisi mostra che nel periodo fra gennaio 2015 e febbraio 2016 gli studenti che avevano passato il test hanno avuto risultati significativamente migliori degli altri, cioè hanno sostenuto più esami, con una media di voti più alta e portato a casa più crediti formativi universitari (i CFU misurano il peso specifico degli esami). Per essere più precisi: mentre i cosiddetti «regolari» nel periodo analizzato hanno acquisito, in media, 35 CFU su poco più di 44, i «ricorsisti» ne hanno portati a casa poco meno di 26. Anche la media dei voti dei primi è sensibilmente più alta: 26,5 contro 24,5. Lo stesso vale per la regolarità negli studi: mentre quasi la metà (il 48 per cento) dei regolari alla fine del primo anno aveva sostenuto tutti gli esami previsti, solo uno su 5 (il 22 per cento) dei ricorsisti era riuscito a tagliare il traguardo in tempo. Conclusione: «I risultati mostrano una buona capacità del test di ammissione nel predire il curri­culum accademico dello studente di Medicina e chirurgia (almeno per quanto richiesto dal piano di studi del primo anno). E in particolare forniscono un’ulteriore conferma del fatto che, rispetto agli studen­ti che hanno superato regolarmente il test d’ammissione, gli studenti con un punteggio basso al test troverebbero maggiori difficoltà nel raggiungere entro i termini previ­sti l’obiettivo del superamento di tutti gli esami già al pri­mo anno di corso». Insomma: il vecchio test, per quanto largamente perfettibile, funzionava.

13 dicembre 2025 ( modifica il 13 dicembre 2025 | 09:51)