Il geniale media artist Refik Anadol inaugura la Gorizia DAG Digital Art Gallery “Vi porto dentro un nuovo Rinascimento”

Fabrice Gallina 2025

La natura al centro del progetto

Milioni di immagini prendono forma nel tunnel grazie a una tecnica pittorica che chiamiamo data painting, pittura di dati. Non esiste però un unico punto di vista, un’unica prospettiva su questo paesaggio naturale-digitale: entrare nel tunnel non è come accostarsi a uno schermo 2D. L’architettura tridimensionale prende il sopravvento: la tela fisica su cui può dipingere la pittura digitale è grande e l’algoritmo sa adattarsi allo spazio. Per questo mi piace dire che con Data Tunnel abbiamo realizzato una data sculpture, una scultura digitale di dati naturali, più che una pittura: le persone camminano nel tunnel e si trovano immersi in questo nuovo ambiente, con un paesaggio sonoro che riecheggia i suoni della natura.

Viviamo in un nuovo Rinascimento

Non si può capire cosa stiano facendo senza pensare al Rinascimento, il momento più importante dell’umanità. È la prima volta che abbiamo l’AI nella nostra vita ed è un momento interessantissimo, di grandi cambiamenti. Il mio motto: non perdere mai di vista la storia passata, ma immagina sempre il futuro.

Il dato è il mio pigmento

Per me il dato è un pigmento: è un pigmento che creiamo. Come artista, ho raccolto i dati necessari con il team: ad esempio, abbiamo viaggiato in 16 foreste pluviali, su ghiacciai, in tutto il mondo per ottenere maggiori informazioni dalla natura. Restituire alla comunità e in questo modo queste informazioni è importante perché i dati rappresentano una grande sfida per i ricercatori, in quanto è difficile trovare buoni dati su alcuni argomenti, specialmente dati open source. Una volta che raccogliamo i dati (li scarichiamo o li prendiamo viaggiando con telecamere, microfoni, scanner LAR, droni), creiamo un algoritmo e poi addestriamo l’AI, che è un lavoro molto impegnativo e sfidante. In un progetto come quello di Gorizia, con uno schermo tecnologicamente avanzato con milioni di pixel, bisogna trovare un algoritmo che comprenda l’intera architettura del tunnel: l’intera catena di produzione artistica richiede tempo ed è lì che accade l’arte, perché ogni artista usa un suo modello di AI. L’opera d’arte è unica e non replicabile.

Troviamo l’umano nel non-umano

Credo che il futuro stia nella collaborazione uomo-macchina e personalmente, come artista, in questa collaborazione provo gioia e ispirazione. Alcune persone non sanno molto sull’AI e pensano che un artista digiti qualcosa e faccia accadere cose magiche… Le mie opere invece sono frutto del duro lavoro, mio e del mio team: siamo 20 persone da 10 diversi Paesi, Italia inclusa. Lavoriamo sodo per ogni opera: a volte ci vuole un anno solo per pulire e recuperare i dati di cui abbiamo bisogno. Quindi non ci sono scorciatoie, non c’è nessun pulsante magico che con un clic che fa apparire l’arte digitale. Il nostro è un lavoro profondamente emotivo: entra in gioco la nostra sensibilità quando stabiliamo i colori, quando ragioniamo sui suoni ed elaboriamo la nostra estetica dei dati. Maneggiare l’AI è una grande possibilità ma richiede responsabilità: di questo sono consapevole. Nel mondo in questo momento assistiamo a guerre e divisioni, ma attraverso progetti come questo possiamo ancora portare ispirazione, gioia e speranza.