di
Monica Guerzoni

Dai giovani di FdI qualcuno urla a Calenda: «Carlo, passa con noi»

Nella tana dei «lupi» meloniani, sotto il tendone che gronda umidità come dentro una serra, Giuseppe Conte non si è infilato per lisciare il pelo agli avversari. L’ex premier parte durissimo sin dal primo istante e il bersaglio è «Giorgia». I suoi centri migranti in Albania «non funzionano, fallimento totale». Il Piano Mattei «è sparito». E quando gli chiedono se si senta un patriota il leader del M5S risponde sì, certo, ma «non è patriottismo andare a Washington a inchinarsi e genuflettersi a Trump, promettendo acquisti di armi e di gas liquido». Parte qualche fischio e Conte non si turba, anzi si scusa per aver «rotto il clima di festa».

Ad Atreju è il giorno dei leader delle opposizioni. Prima Renzi, poi Conte, infine Calenda, un gran ballo attorno alla sedia vuota di Elly Schlein. Quest’anno i militanti in felpa blu hanno evitato di ritagliarla in cartonato e portarla in giro tra presepi, porchetta e pattini sul ghiaccio, ma l’assenza della segretaria dem ha fatto notizia e gli alleati-avversari non hanno sprecato l’occasione. Il colpo di scena lo riserva Conte. Succede quando Tommaso Cerno, il neo-direttore del Giornale in versione agit-prop, cala una domanda un po’ bizzarra: «Siete alleati con i partiti islamisti che stanno spuntando in Italia?». E il giurista pugliese, con parole destinate a spiazzare il Pd: «Noi non siamo alleati con nessuno, nemmeno con le forze progressiste».



















































L’alternativa al governo della destra arriverà con le foglie gialle dell’autunno, quando Conte avrà ultimato l’ascolto della sua gente e poi il «progetto per il Paese». Non manca qualcuno su questo palco? L’allusione è a Schlein e la Sala Giustizia vien giù per le risate. Cerno ironizza: «Il segretario del Pd ha usato questa festa per fare le primarie interne». Conte spariglia: «Qui la sedia vuota importante è quella di Giorgia Meloni, la padrona di casa mi ha invitato e poteva esserci lei». Qualcuno applaude e l’ex premier evoca la profezia che Fra Cristoforo nei Promessi Sposi scaglia contro Don Rodrigo: «Verrà il giorno». Lo sosterrà, un candidato premier del Pd? «Se verrà fuori un’alleanza siamo pronti a dialogare, dipenderà se nel programma ci saranno le nostre battaglie». Mani libere, poi si vedrà.

Conte un po’ spinge a sinistra e un po’ sterza a destra, Cerno straborda e l’ex premier prova a contenerlo: «Lei fa domande lunghissime». Quella su Trump che randella la Ue non arriva, in compenso si parla della sintonia con Salvini e il leader del M5S si smarca: «Noi condanniamo l’aggressione all’Ucraina, non abbiamo fatto accordi con Russia Unita di Putin e la Lega ha votato tutti gli invii di armi». Applausi distratti. Su Superbonus e giudici partono i «buuu» e, alla destra del palco, Giovanni Donzelli agita le braccia come un direttore d’orchestra per placare la platea: «Boni…». 

Il regista dell’organizzazione ora invoca il silenzio con un dito sulla bocca, ora giunge le mani e chiede di abbassare i toni. «Noi ascoltiamo tutti e non fischiamo nessuno», è stato l’ordine della premier. Ma Conte ha dovuto combattere: «Dottor Cerno, il comizio speravo di farlo io!». E alla platea, che grida di giubilo quando l’intervistatore lo provoca con gli slogan della destra-destra: «Se volevate sentire la musica di tutti i giorni, non dovevate invitarmi». Un’ora tosta, eppure Conte ne esce indenne e Donzelli, prima che l’ospite vada a caccia di selfie tra gli stand, chiama l’applauso «al coraggio».

Ne ha avuto da vendere anche Matteo Renzi, al punto che nel backstage Arianna Meloni lo avrebbe lodato: «Manco in quattro riescono a fermarlo». In effetti il panel sulle riforme con Casellati, Zangrillo, Rampelli e Calderoli è stato un match, tutti contro uno. Quando l’ex premier e fondatore di Italia Viva cita la «porcata» della legge elettorale leghista, al ministro dell’autonomia scappa un dito medio, ripreso dalle telecamere. «Sempre eleganti», chioserà Renzi sui social postando il video, dopo aver cercato i fischi e incassato boati, applausi, selfie e risate: «Mi sono divertito».

In affetti è stato uno show. Con Maria Elisbetta Casellati è rissa sul premierato, lei accusa lui di dire falsità e di non aver letto la riforma e lui accusa lei di non aver letto gli emendamenti renziani. «Io non sono falsa, stai sempre a offendere», sbotta la ex presidente del Senato. Il tempo è scaduto, Conte aspetta dietro le quinte, Bruno Vespa fatica a riportare la calma e Donzelli chiama rinforzi. Chi meglio del ministro della Difesa? La mole di Guido Crosetto irrompe sul palco e solleva di peso Renzi, come fece con Giorgia Meloni nel 2012. Risate, applausi e largo a Carlo Calenda. Il leader di Azione cita il whatever it takes di Draghi per dire che Putin non deve passare e sveglia la Ue: «Putin andrebbe «preso a calci». Finisce con i giovani di Atreju che gli gridano «bravo!» quando attacca il segretario della Lega e quasi lo implorano: «Calenda, passa con noi al posto di Salvini!».


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13 dicembre 2025