di
Renato Franco
«Oi Vita Mia», il primo film da registi di Pio e Amedeo, ha già superato i sei milioni di euro di incasso e si avvia a raggiungere il milione di spettatori
Pensavamo che foste scorretti e invece avete anche un’anima sentimentale.
«Abbiamo scelto di non fare il classico film del comico che pensa solo alla risata, che riempie la sceneggiatura di battute e gag, ma ci siamo concentrati su una commedia old style, che fosse anche in grado di spiazzare. Abbiamo cercato di fare un film vero, sincero, dando priorità alla storia. Poi certo le scorrettezze non mancano». Oi Vita Mia, di Pio e Amedeo, è il film italiano del momento con un incasso che ha già superato i sei milioni di euro e si avvia a raggiungere il milione di spettatori.
Sembra che ci sia un’evoluzione nella vostra comicità ma anche nel vostro linguaggio.
«È innegabile che ci sia un cambiamento, un po’ perché siamo anagraficamente cresciuti e un po’ perché a partire da Emigratis abbiamo sempre interpretato dei personaggi, la caricatura dell’italiano medio, anche meno che medio. Noi siamo sempre stati zucchero e catrame, ma la commedia ti permette di dare ancora più spazio alla dolcezza, al sentimento. Per la prima volta siamo stati pienamente noi stessi».
«Mirko è diversamente abile, Pio è mongoloide»: questa battuta non è piaciuta all’Associazione persone con sindrome di Down.
«Noi ci aggrappiamo alle migliaia di messaggi di mamme, di papà, di ragazzi con la sindrome di Down che ci hanno ringraziato per non aver appiccicato l’etichetta della pietas addosso a un vero ragazzo Down. In questo film l’inclusività non è una parola vuota, ma viene messa in atto davvero».
C’è pure il maschio redento che ripudia il patriarcato: non siete più quelli di una volta?
«Come succede al personaggio del film nel corso della vita si cambia e si arriva a un compromesso. Lo concepiamo come un film molto aperto, che abbatte tutte le barriere, un film proiettato verso l’uguaglianza. C’è un grande messaggio di inclusività, ovviamente fatta a modo nostro, con la nostra ironia».
Parlate molto di inclusività: prima vi accusavano di essere trash, ora diranno che siete radical chic.
«Ci vuole offendere? Noi ci sentiamo di appartenere al popolo, puntiamo a essere popolari. In fondo siamo un esempio da seguire, non per quello che diciamo ma per la strada che abbiamo fatto: se ce l’abbiamo fatta noi ce la possono fare tutti».
Salvini ha detto che il film gli è piaciuto: dove avete sbagliato?
«Noi siamo trasversali, ci ritroviamo a prendere un caffè con Di Battista, incontriamo Giorgia Meloni al nostro spettacolo, incrociamo Decaro a Bari… Fino a quando i politici tirano fuori i soldi per comprare i biglietti va benissimo».
La vostra inclusività ora potrebbe piacere pure a Elly Schlein.
«Vediamo. Fino a ieri non faceva così figo mettere un post sui social su di noi… Noi abbiamo la velleità di piacere a tutti, la risata è la cosa più naturale del mondo, non deve avere una matrice ideologica o politica».
Nel film Lino Banfi interpreta un uomo malato di Alzheimer.
«Lino è sempre stato il nostro mito, siamo cresciuti con i suoi film, è stato straordinario. A 89 anni una notte lo abbiamo tenuto sul set fino alle 4 del mattino: non ha fatto una piega».
Luca Argentero fa quello che è: il bello.
«Luca si è prestato perfettamente, è stato ironico e autoironico. Sia lui sia Lino ci hanno dimostrato una fiducia francamente ingiustificata».
In genere interpretate il poliziotto buono e il poliziotto cattivo, Amedeo accelera e Pio frena. Siete così anche nella vita?
«C’è tantissimo di vero nel film — spiega Amedeo —: il mio approccio alla religione è distante da quello di Pio che è un timorato di Dio; io ho una certa predisposizione al limbo dell’illegalità, mentre Pio ha paura di ogni cosa. Siamo totalmente opposti: la nostra è una dinamica che porta alla risata perché è una proiezione verosimile di quello che siamo nella realtà».
Ora hanno imparato a riconoscervi?
«Macché, dovremmo mettere i cartelli sotto le nostre facce, ma ormai siamo abituati. Quante volte mi dicono: salutami Pio. E io: guarda che sta davanti a te».
Amici da sempre ma ora state in due città diverse. Pio vive a Milano.
«Mia figlia parla un preoccupante milanese, ogni tanto la devo riportare a resettare a Foggia a casa di mio suocero».
Amedeo invece continua a vivere in Puglia.
«Non mi avrete mai a Milano, una città che ti frega a partire dal cambio valuta: a Foggia ci sono ancora ristoranti dove si può cenare con 35 euro. E poi a Milano appena si apre la porta del treno mi arriva addosso un odore di lavoro che proprio non riesco a reggere».
14 dicembre 2025
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