di
Matteo Sorio
L’ex medico veronese gioca ancora e non perde l’ironia: «Ho pochi avversari»
È nato pochi mesi dopo il match del secolo, quello a Cannes tra Suzanne Lenglen ed Helen Wills Moody. Aveva undici anni quando il tennis andò per la prima volta in televisione, mezzora della partita inaugurale di Wimbledon, l’inglese Bunny Austin contro l’irlandese G.L. Rogers. Era già 33enne quando Nicola Pietrangeli diventava il primo italiano re di uno slam, al Roland Garros, oltre mezzo secolo prima di Jannik Sinner. «La cartolina che porto nel cuore? Gli Italiani Assoluti del ‘69 all’At Verona, ultimo titolo italiano di Pietrangeli, in tabellone un diciannovenne Adriano Panatta».
Circolo tennis di Caselle, frazione di Sommacampagna, una quindicina di chilometri dal centro di Verona. Fra i trecento soci ce n’è uno che gioca fisso due volte a settimana, martedì e venerdì mattina, guidando fin lì in macchina dal quartiere cittadino di Borgo Venezia. Si chiama Pietro Pasqualini. Segno particolare: il 10 agosto scorso ha compiuto novantanove anni. «Nessuna dieta dello sportivo, mangio quello che mi piace e dormo dieci ore a notte, tranne quando resto sveglio un po’ di più per giocare a scacchi contro il computer».
Una vita da medico di base
Padre di due figli e vita quasi totalmente autonoma da quando la moglie non c’è più («Mi piace farmi da mangiare, è un momento di relax»), Pasqualini viene da una famiglia che a Verona è conosciuta per l’azienda di autoservizi e noleggio di pullman gran turismo: a lungo, ad esempio, quello fornito da Pasqualini è stato il «team bus» del vecchio Chievo nel calcio. «Ho iniziato anch’io guidando – dice lui – ma mio padre mi voleva dottore e presto mi sono dato agli studi. A portare avanti l’attività di famiglia ci hanno pensato i miei due fratelli. Oggi l’azienda c’è ancora, sotto un’altra proprietà». Dottore doveva essere e dottore è diventato, Pasqualini. «Università a Padova, Ferrara e Firenze, sono stato assistente in pediatria e cardiologia, ma quello di medico di base è il lavoro che mi è sempre piaciuto di più, per le tante situazioni che affronti».
«Ho visto il passaggio dalle racchette di legno a quelle moderne»
Di tennisti così longevi, la terra rossa di tutto il mondo continua a conoscerne. Dall’australiano Henry Young, sceso in campo alla Rod Laver Arena prima dell’Australian Open del 2023, all’avvocato milanese Giorgio Catala giusto per restare alle cronache degli ultimi due lustri. Anche il sito internet della Fitp, la Federazione italiana tennis e padel, ha intercettato la storia di Pasqualini, iscritto quest’estate in doppio al Torneo dei Mostri a Lugagnano, competizione ormai trentennale dove chi gioca, per regolamento, non deve essere – diciamo così – troppo forte. «Ho iniziato con il tennis quand’avevo quarant’anni, convinto da mia sorella. Tra i grandi mi è sempre piaciuto Roger Federer per lo stile. Oggi è bello vedere come scambiano Sinner e Alcaraz, anche se il secondo mi sembra più vario».
Il presidente del Tennis Caselle, Paolo Fiorini, ricorda che «qualche anno fa abbiamo fatto una giornata dedicata alle vecchie racchette di legno: all’inizio quasi nessuno riusciva a tirarla di là».
Pasqualini usa una ProKennex da 280 grammi e una Babolat di riserva, ma quand’ha conosciuto il tennis gli attrezzi erano ben più spartani. «Ho visto il passaggio dal legno all’alluminio fino alla racchette moderne, ma non sono mai stato troppo interessato all’argomento: conta il braccio più che la racchetta e il mio colpo è sempre stato il dritto».
«Non è facile trovare avversari»
Oltre al tennis, due grandi passioni: lo sci e la bicicletta. «Ho fatto tantissima montagna. Ma ho anche pedalato parecchio. Ricordo lo Stelvio, una bella salita, che ti dà anche riposo con tutte quelle curve piatte». Seduto al tavolino del circolo di Caselle con Pasqualini, Fiorini racconta che l’ex medico di base ha il suo segreto: «Dice sempre che per fare sport così a lungo bisogna andare il meno possibile dal dottore…».
Risata, pacca sulla spalla. Lo sparring partner, l’amico Calogero Messina, assicura: «Se Pietro avesse dieci anni in meno non mi farebbe vedere la pallina». Lui, 99 anni e un braccio ancora educato, fa: «Se potessi giocherei tutti i giorni, ma non è facile trovare avversari…».
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14 dicembre 2025 ( modifica il 14 dicembre 2025 | 11:36)
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