«Affordability», la parola chiave del 2025 dagli Stati Uniti all’Europa: casa, affitti, beni essenziali e salari stagnanti alimentano il malessere della classe media

Una nuova parola sta diventando un totem nel dibattito politico e in quello economico. Come spesso accade, ha preso il centro della conversazione negli Stati Uniti e ora sta affermandosi in Europa. Affordability: è ciò che ci si può permettere, che è abbordabile, accessibile dal punto di vista del proprio reddito. Il prezzo della casa e l’affitto sono troppo alti per molte fasce di lavoratori e di studenti, non sono quindi affordable. L’inflazione dei primi Anni Venti ha fatto salire i prezzi che ora sono rimasti alti e hanno creato un gap non sempre recuperato dai salari: molti beni non sono più accessibili, abbordabili. Lo stesso vale per molti servizi, dai teatri ai viaggi agli alberghi. Niente di nuovo, si può pensare.
In realtà, la novità è che la questione è diventata un fattore centrale nella conversazione politica. Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali anche grazie a una spinta dovuta al fatto che durante l’amministrazione Biden i prezzi sono stati troppo elevati per fasce ampie di americani: si ebbe l’impressione che l’allora presidente non cogliesse il problema. Ora, il guaio lo ha di fronte Trump stesso. Il costo della vita resta alto e per la classe media ciò significa un abbassamento delle condizioni di vita. Mentre celebrava il Giorno del Ringraziamento e graziava due tacchini, ha sostenuto che «in questo Thanksgiving stiamo facendo passi incredibili per rendere l’America Affordable again».

Soluzioni da trovare in fretta

In realtà, i prezzi di carne, caffè, succo d’arancia, latte crescono, in certi casi molto; il prezzo delle uova e della benzina è calato ma nei mesi scorsi aveva prodotto uno choc nei consumatori. Se dal 2021 i salari americani sono in media cresciuti del 20%, i prezzi dei ristoranti sono aumentati del 28%, quelli di un pranzo in casa del 25%, quelli delle abitazioni del 24%. Il «sentimento» dei consumatori, soprattutto i meno abbienti, è al minimo dal 1980.
La settimana scorsa, il presidente ha sostenuto che «l’affordability è un imbroglio, l’uso della parola affordability è una bufala dei democratici, sono loro che hanno fatto salire i prezzi». Come che sia, il dato di fatto è che ora il presidente è lui e il problema è suo. Dovrà dare risposte efficaci in una fase, tra l’altro, nella quale la diffusione dell’Intelligenza Artificiale crea ansie, soprattutto a una classe media — tra i 30 mila e i 130 mila dollari di reddito annuo per una famiglia di tre persone — che teme di perdere il lavoro.
Negli anni passati, i prezzi salivano meno, l’inflazione era bassa. Le spese più rilevanti della classe media — l’istruzione, la salute, la casa — aumentavano ma è stata l’inflazione del 2021-22 a trasformarle in una crisi. Trump, che sul tema aveva vinto le elezioni, poche settimane fa ha incontrato nello Studio Ovale Zhoran Mamdani, il candidato democratico che ha vinto le elezioni per sindaco di New York proprio con una campagna sulla afforfability nella maggiore metropoli d’America. E invece di accusarlo di essere un comunista, come aveva fatto in precedenza, lo ha trattato con grande rispetto: sente di essere, sull’argomento, vulnerabile. Per cercare di limitare i danni, ha in mente di mandare ai cittadini un assegno di duemila dollari, denari presi dalle entrate prodotte dai dazi che ha imposto in questi mesi. Non pare una grande idea: il regalo avrebbe l’effetto di fare salire l’inflazione, tanto che alcuni economisti, tra i quali Arthur Laffer, gli hanno consigliato di evitare l’assegno e invece abbassare una tassa sul lavoro: aumenterebbe il reddito delle persone ma avrebbe anche un effetto positivo sulla crescita economica. Vedremo come si orienterà il presidente.



















































La situazione italiana

Certo, la questione del mismatch tra prezzi e redditi è diventata centrale nella politica americana. Ed è destinata con ogni probabilità a diventarlo anche in Europa, in particolare in un Paese come l’Italia dove i salari non crescono o crescono troppo poco. La discussione sui prezzi delle case e degli affitti è già salita con forza nella lista dei temi di scontro politico.
Un primo test giocato sul tema della affordability si vedrà probabilmente nel 2027, nella campagna elettorale per il sindaco di Milano: città che negli scorsi mesi è stata attraversata da una grande discussione proprio sui prezzi dell’abitare. Per gli studenti e in generale per le famiglie con redditi modesti, oltre che per gli immigrati, italiani e non. Ci sarà chi agita la questione contro il governo e chi la agiterà contro le recenti amministrazioni meneghine di centrosinistra.
Il tema è però molto più ampio, ha una portata nazionale. Qui come negli Stati Uniti, si scontrano idee opposte per quel che riguarda le politiche da mettere in campo. Da una parte c’è chi punta a una calmierazione (o a un blocco) degli affitti, sul modello newyorkese di Mamdani. Dall’altra, c’è chi ritiene che la soluzione alla questione abitazioni stia nel costruire più case e per farlo eliminare una serie di vincoli che ne rendono complicata la costruzione. Altri ancora pensano ad aiuti a chi arriva in una città, per esempio esenzioni sui costi dei mezzi di trasporto. Con grande probabilità, la questione sarà oggetto di scontro ai livelli locale e nazionale.
Se si esclude forse Berlino (ma sempre meno), il tema dei prezzi delle case ha preso il centro del confronto politico in molte capitali europee. A Londra, per dire, i prezzi medi delle case stanno scendendo significativamente ma rimangono al livello elevato di oltre sette volte lo stipendio annuale medio (di oltre cinque volte se si considera solo la prima casa). A Parigi la situazione non è molto diversa e i prezzi non stanno diminuendo. Per anni, in Occidente la casa e un buon tenore di vita erano sostenibili: era la base dell’aspirazione collettiva a un futuro migliore. Oggi gli stessi beni sono sempre meno accessibili, e ciò crea insicurezza. Affordability è forse la parola del 2025: di certo sarà centrale nella politica dei prossimi anni. 

14 dicembre 2025