di
Carlo Biffani

Attacchi diversi, un focus comune: quello di lanciare «messaggi» in occasione di ricorrenze particolari

L’attacco di sabato, rivendicato dall’ISIS in Siria, nel quale sono stati uccisi tre cittadini americani (due militari, un traduttore), dimostra – se mai ce ne fosse bisogno – che gli affiliati a quel gruppo sono ancora in grado di colpire in maniera strutturata e significativa, armi in pugno. È  un brutto segnale, che di certo non sorprende chi segue l’evoluzione di questi fenomeni. Peraltro gli obiettivi sembrerebbe fossero cittadini americani, cosa questa che ha un profondo significato in una regione ed in un Paese che, malgrado i suoi massimi esponenti, cerca di affrancarsi come partner affidabile per gli Usa ed i grandi player mondiali.

Di diversa natura l’attacco sventato dall’antiterrorismo tedesco ieri in Baviera. Cinque arrestati che si proponevano di attaccare i mercatini di Natale, luoghi questi già durissimamente colpiti negli scorsi anni. Niente armi parrebbe, ma auto-ariete utilizzate contro la folla, nella migliore delle «tradizioni» del terrorismo di origine islamista. Varrà la pena ricordare che il Califfo al-Baghdadi emanò una fatwa più di 15 anni or sono, nella quale ordinava ai suoi adepti di colpire gli infedeli con-qualsiasi-mezzo, mutuando modalità tattiche proprie della prima intifada e sarà bene tenere a mente il fatto che le fatwa non hanno scadenza.



















































L’attacco sulla spiaggia australiana ha una connotazione diversa. Due assalitori, la cui matrice ed estrazione è ancora da chiarire, attaccano con armi da fuoco dei civili che partecipavano ad una festa che sanciva l’inizio della settimana di celebrazione della ricorrenza ebraica della Hanukkah. Colpisce il fatto che non fossero presenti, quantomeno in maniera performante, gli apparati di sicurezza di quel paese e che , sembrerebbe, non vi fossero neppure gli onnipresenti, da anni, volontari israeliani armati, che sin dagli anni ’70 garantiscono una cornice di sicurezza alla loro comunità. Lo stesso tipo di assetto, ingaggiò ed uccise i terroristi che attaccarono l’aeroporto di Fiumicino molti anni fa. 

Non è ancora dato sapere chi abbia compiuto l’attacco in Australia ma l’azione ha tutte le caratteristiche che la fanno individuare come azione terroristica. Forse la mancanza di cittadini armati di religione ebraica è da ascrivere alla rigidità delle regole sulla circolazione di civili armati in atto in quel paese.

In questo ultimo caso, importante come tutti quelli che negli anni l’anno preceduto, fondamentale è stato l’intervento di un primo first responder, che pur se disarmato, toglie il fucile all’assalitore e lo costringe alla fuga.

Nel caso australiano, almeno il terrorista che viene disarmato e che sembra utilizzare un fucile a colpo singolo, al contrario del suo complice che fa fuoco in modo tatticamente più performante con un arma d’assalto, non sembra dai video possedere particolare addestramento. Si muove e procede senza sfruttare ripari. Resta in piedi a lungo. Non ha un atteggiamento combattivo quando viene disarmato.

Resta alto l’allarme rispetto all’importanza che hanno, per i terroristi, le ricorrenze, come la settimana dell’Hanukkah e il Natale.

14 dicembre 2025