di Chiara Maffioletti
Nella seconda stagione di «Landman», su Paramount+, l’attore è nei panni di chi deve gestire le crisi di una potente compagnia petrolifera che vede a capo Demi Moore
In Landman il suo ruolo è gestire le crisi di una potente compagnia petrolifera che vede a capo Demi Moore. Quello che colpisce è che anche nella sua vita privata Billy Bob Thornton ha dovuto gestire molte crisi e, spesso, ben più impattanti delle peggiori che potrebbero capitare a qualsiasi persona sul lavoro.
Partiamo dal principio, cosa significa per lei il potere?
«Per me il potere è dire quello che davvero vuoi dire. Essere chi vuoi essere. Se vivi la vita portando avanti quella che è la tua verità, onestamente, per me questo è successo. Non ha mai avuto nulla a che fare, per quanto mi riguarda, con soldi o affermazione».
Si sente una persona di successo?
«Mi prendo cura della mia famiglia in modo amorevole, penso che non ci sia più grande successo. Quanto al resto, faccio l’attore e credo che la gran parte del mio successo derivi dall’ignoranza: non sapevo molte cose quindi mi sono approcciato a ogni ruolo, semplicemente, recitando. Senza grandi pregiudizi».
Quale è stato il momento più complesso della sua vita e come lo ha superato?
«Sono cresciuto affrontando molti momenti complessi. In primo luogo soffro di quello che oggi chiamerebbero un disturbo mentale: sono ossessivo compulsivo. Mi ha portato grande ansia. E sono pure dislessico, il che mi ha fatto giudicare spesso come un bambino poco intelligente. Non ho superato questi disturbi ma il modo in cui possono impattare sulla mia vita si. Ho imparato a conviverci e non me ne vergogno».
La serie mostra come tutto possa cambiare molto velocemente nella vita. Cosa ne pensa?
«È vero. Mio padre è morto quando aveva 44 anni e io, diciassettenne, all’epoca pensavo fosse vecchio. Un suo amico, al funerale, mi disse: devi essere tu un uomo ora, prenderti cura di tua mamma e dei tuoi fratelli. Io mi sono tagliato i capelli, ho smesso di suonare con la mia band rock e mi sono preso cura della famiglia. Ma era una pressione troppo grande per un diciassettenne».
E cosa successe?
«Ho iniziato a drogarmi. A 24 anni ho deciso di smettere: mi sono trasferito in California e dopo poco mio fratello, che era anche il mio migliore amico, improvvisamente, è morto. Non ho ancora superato questa cosa. Da allora ho passato la maggior parte del mio tempo a preoccuparmi che non accadesse nulla di male alle persone che mi erano vicine. A volte ho avuto la tentazione di non risollevarmi, ma poi ho pensato che il miglior modo per onorare mio fratello fosse vivere la vita che lui non aveva avuto modo di continuare e oggi sono grato anche per questo».
14 dicembre 2025
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