di
Giusi Fasano

Almeno 15 morti a Bondi Beach: gli spari durante i festeggiamenti per Hanukkah. È una delle stragi di odio antisemita più gravi che si sia mai vista fuori dal territorio israeliano

L’avvocato Arsen Ostrovsky incrocia gli occhi di sua moglie e le grida «via, via, scappa». Lei prende la bambina, lui corre via con il bimbo. In spiaggia è il panico. Ci sono due uomini che imbracciano armi lunghe, forse dei kalashnikov, e sparano in ogni direzione. La gente, centinaia di persone, corre senza sapere bene da che parte andare, perché nessuna direzione è buona. La differenza fra la vita e la morte è andare dritto o virare un po’ di lato, è trovare un riparo oppure no sulla rotta della fuga. È buttarsi sulla sabbia al momento giusto.

A Bondi Beach, la spiaggia più celebre di Sydney, Australia, sono le 18.45. Comincia tutto così. Con le urla di chi cerca salvezza o con quelle di chi rimane ferito. Con il sangue che si allarga sotto i corpi di chi è caduto per sempre. Quando in Italia sarà mezzanotte (cioè 11 ore meno che in quell’angolo di Australia) si conteranno 16 morti (fra loro anche uno degli attentatori) e 42 feriti, molti dei quali in gravi condizioni. Fra i nomi delle vittime anche quello di una bambina di 10 anni, di un cittadino francese e di due cittadini israeliani. È una delle stragi di odio antisemite più gravi che si sia mai vista fuori dal territorio israeliano.



















































Siamo di nuovo sulla scena dell’attacco. I due attentatori sparano da un ponticello che si affaccia su Archer Park, una spianata di erba proprio a ridosso della famosa Bondi beach. È lì che gli uomini e le donne della comunità ebraica hanno organizzato la festa «Hanukkah by the sea», una ricorrenza fra le più celebrate e sentite del loro calendario.
Loro sparano senza dire una parola. Nessun urlo, nessuno slogan. Uno dei due è un ragazzo, l’altro sembra decisamente più grande. Solo a fine serata, dopo la circolazione di nomi che nessuno conferma, la polizia rivela una notizia inattesa sulla loro identità: sono padre e figlio, 50 e 24 anni.

Mentre quei due, protetti dalle spallette di un ponticello, fanno fuoco a casaccio verso la gente che scappa, l’aria si riempie del suono delle sirene della polizia, che arriva in forze e guida la folla verso le direzioni meno pericolose. Gli agenti non sono ancora davanti a quel ponticello quando uno dei due terroristi scende e si avvicina ai fuggiaschi per sparare da più vicino. È a questo punto che compare sulla scena l’uomo che tutto il mondo definirà «eroe»: un 43enne che a mani nude lo affronta, si impossessa del fucile e lo costringe a scappare.

I poliziotti avanzano, i loro droni ronzano sulla testa dei terroristi. Pochi minuti più tardi gli spari cessano: il padre è a terra senza vita, il figlio è ferito ed è in condizioni critiche.
Nelle ore successive circolano due nomi ma le autorità australiane non li confermano. I media israeliani insistono e danno per certa soprattutto l’identità del ragazzo: Naveed Akram, 24 anni. Nessuna certezza invece per il nome del padre (che su alcuni media è indicato come Sajid), né per le «origini pachistane» e per la «cittadinanza australiana» di cui scrivono alcuni siti di informazione e canali Telegram di solito ben informati.

Un dettaglio certo c’è, e lo svela il capo dell’Australian Security Intelligence Organisation, Mike Burgess: conferma che uno degli attentatori era noto alle forze di sicurezza, «ma non con la prospettiva di una minaccia immediata, quindi dobbiamo capire cosa sia successo».

In ogni caso. Nella serata australiana succedono diverse cose. Molte perquisizioni, tanto per cominciare; si parla di non meglio precisati arresti di persone legate agli attentatori (fra loro anche due donne, pare), ma ancora una volta: non c’è conferma. E poi il ritrovamento, all’interno di un’auto, di «numerosi ordigni esplosivi improvvisati» vicino al luogo dell’attacco. E inoltre il commissario di polizia del Nuovo Galles del Sud, Mal Lanyon, fa sapere ad Abc Australia che durante una perquisizione sono stati trovati due ordigni «non attivati» a casa dei terroristi.

Quei due ordigni a quanto pare erano solo parte dell’arsenale a disposizione del padre che — ha spiegato sempre Lanyon — era regolarmente titolare di sei armi da fuoco, tutte con licenza, e «tutte recuperate» dagli investigatori.

Mentre la notte cala su Bondi Beach gli inquirenti australiani arrivano a una prima conclusione: non c’è nessun terzo uomo da cercare, come si era ipotizzato in un primo momento. Negli ospedali della città ci sono decine di persone che lottano per la vita, altre decine piangono le 15 vittime che, ci informano gli australiani, avevano fa i 10 e gli 87 anni. Fra loro anche il rabbino di Sydney, Eli Schlanger. Oggi lutto nazionale, bandiere a mezz’asta in tutto il Paese. L’Hanukkah d’Australia quest’anno sarà spenta.

14 dicembre 2025 ( modifica il 14 dicembre 2025 | 23:55)