L’acufene, una patologia uditiva comune e spesso debilitante caratterizzata da un ronzio o un rumore persistente nelle orecchie in assenza di suoni esterni, colpisce circa il 10-15% della popolazione adulta in tutto il mondo e rappresenta una sfida clinica importante a causa dell’assenza di cure efficaci nel tempo.
Ad oggi, la terapia del suono si rivela l’unico trattamento in grado di alleviarlo, poiché altera l’elaborazione uditiva anomala riducendo, di conseguenza, il disagio che comporta
La terapia del suono
La terapia del suono mira a fornire una stimolazione uditiva o un mascheramento del rumore che possono potenzialmente ricalibrare i meccanismi neurali responsabili della percezione dell’acufene, riducendone così la gravità e i fastidi.
Tuttavia, sebbene sia ampiamente utilizzata, le prove solide derivanti da studi randomizzati a lungo termine e quelle fornite da follow-up sono ancora molto limitate. Attualmente, nessun ampio studio multicentrico in doppio cieco ha confrontato in modo completo le diverse strategie di terapia del suono o esaminato la durata degli effetti oltre il periodo di trattamento.
Lo studio cinese
Tre cliniche di Shanghai, in Cina, si sono unite per condurre uno studio multicentrico, in doppio cieco, randomizzato e controllato, su 440 pazienti di età compresa tra 18 e 80 anni con acufene soggettivo cronico da almeno 13 mesi. L’obiettivo era confrontare sistematicamente quattro differenti approcci di terapia del suono in un periodo di intervento di 9 mesi con un ulteriore follow-up post-trattamento di 3 mesi.
I partecipanti sono stati assegnati casualmente a ricevere una delle quattro terapie giornaliere della durata di 2 ore ciascuna: musica non modificata (UM), UM più rumore a banda stretta centrato sul tono (UM + NBN), musica ad alta frequenza (HFEM) e suono di sollievo personalizzato in base alla frequenza digitale (DFCRS).
Quest’ultimo prevede la creazione di un profilo sonoro che modula esattamente specifiche bande di frequenza musicali in base all’altezza dell’acufene percepita dall’individuo. Allineando il suono terapeutico alle caratteristiche specifiche dell’acufene percepito soggettivamente, è possibile alterare efficacemente la percezione cerebrale dell’acufene, con conseguente potenziale assuefazione o attenuazione a lungo termine del rumore intrusivo.
Successivamente gli scienziati hanno valutato la gravità dell’acufene tramite il Tinnitus Handicap Inventory (THI) al giorno 0, a 1, 2, 3, 6 e 9 mesi, con un follow-up post-trattamento di 3 mesi puntando a verificare due esiti: la remissione completa, ovvero un punteggio TH I pari a 0 a qualsiasi visita di follow-up entro il periodo di 9 mesi, con la conseguente guarigione del paziente e la sospensione della terapia del suono, e l’entità del miglioramento definita come variazione del punteggio THI dall’inizio del trattamento fino a 9 mesi.
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I risultati dello studio
Lo studio ha evidenziato che tutte le terapie del suono hanno portato a un miglioramento clinicamente significativo della gravità dell’acufene, ma il suono di sollievo personalizzato tramite frequenza digitale (DFCRS) ha ottenuto le riduzioni maggiori e più durature nei punteggi del Tinnitus Handicap Inventory, nonché miglioramenti nell’ansia, nel sonno e nell’intensità dell’acufene.
È importante sottolineare che le caratteristiche del paziente, come età, durata dell’acufene, localizzazione (bilaterale o monolaterale) e tipologia (intermittente o persistente), sono state identificate come fattori predittivi della risposta al trattamento.
La durata degli effetti ottenuti suggerisce che la terapia del suono possa promuovere una plasticità uditiva duratura piuttosto che un mascheramento transitorio dei sintomi. Inoltre, l’identificazione di predittori di risposta specifici per ogni paziente sottolinea il potenziale di un approccio più personalizzato alla gestione dell’acufene.
Una terapia promettente
Studi futuri che incorporino il monitoraggio digitale e gruppi di controllo appropriati saranno fondamentali per convalidare ed estendere questi risultati. Nel complesso, le prove disponibili supportano la DFCRS come una terapia promettente, non invasiva e scalabile per la gestione dell’acufene soggettivo cronico, evidenziando al contempo la necessità di ottimizzare le strategie di trattamento personalizzate.
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