di
Enrico Marro

Rinviata a oggi la discussione sulle misure. La corsa ai nuovi emendamenti: dall’oro alla detassazione degli aumenti degli stipendi, passando per l’imposta sui pacchi e il prelievo sulle banche

ROMA Troppi i nodi ancora da sciogliere. Troppe le proposte di modifica alla manovra — presentate anche dai partiti di maggioranza — da esaminare per verificarne le coperture. E così, la riunione della commissione Bilancio del Senato, prevista per ieri sera alle 23 è stata sconvocata e rinviata alle 14 di oggi. Ieri per tutto il giorno si è lavorato al ministero dell’Economia per esaminare la montagna di emendamenti «segnalati» dai gruppi di maggioranza e opposizione, più di 400. Il governo, infatti, dovrà dare su ogni proposta il proprio parere (favorevole o contrario) o chiedere una riformulazione del testo.

Le partite chiuse

Alcune partite sembrano chiuse. L’iperammortamento sugli investimenti delle imprese passerà da uno a tre anni. L’oro della Banca d’Italia apparterrà «al popolo italiano», come prevede l’emendamento di Lucio Malan (Fratelli d’Italia), ma continuerà ad essere detenuto e gestito dalla banca centrale nel rispetto dei Trattati Ue, secondo la riformulazione che chiederà il governo. Una parziale o totale marcia indietro si prospetta sull’emendamento governativo che prevede il blocco dei pagamenti delle parcelle dovute dalla pubblica amministrazione ai professionisti se questi non sono in regola col fisco o con i contributi, mentre resterà la tassa di 2 euro sui pacchi fino a 150 euro di valore spediti dai Paesi extra-Ue. 



















































Cosa salterà

Non ci sarebbero invece, per mancanza di coperture, né la proroga di Opzione donna né un nuovo semestre di silenzio-assenso per dirottare il Tfr verso i fondi pensione. Buone notizie, invece, per Roma capitale, che potrà contare su fondi certi perché un emendamento del governo la esclude dal meccanismo del fondo perequativo. Più soldi in arrivo anche per le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano: 200 milioni nel biennio 2026-2027 e 50 milioni nel 2028.

L’esame a oltranza

Da oggi la manovra sarà sottoposta a un esame ad oltranza nella commissione Bilancio. Il calendario stabilito ieri prevede convocazioni anche in seduta notturna fino a sabato 20 dicembre alle 9. Poi il testo dovrà essere approvato nell’aula di palazzo Madama e quindi passare all’esame della Camera che, tra Natale e San Silvestro, dovrà approvare il testo senza modifiche, in modo da rispettare il termine del 31 dicembre. Il tutto, a questo punto, è scontato che avverrà col ricorso da parte del governo al voto di fiducia, procedura che permette di tagliare i tempi della discussione. Del resto, dice il presidente della commissione Bilancio del Senato, Nicola Calandrini (Fratelli d’Italia) «in tanti anni che ho seguito la manovra è sempre passata col voto di fiducia». 

Il voto di fiducia

E in effetti l’ultima volta che una manovra di finanza pubblica è stata approvata al Senato senza il ricorso al voto di fiducia risale al 2013, durante il governo Letta, mentre due anni fa la legge di Bilancio 2024 fu approvata definitivamente senza il voto di fiducia, ma alla Camera. In ogni caso, uno dei relatori di maggioranza, Guido Liris (Fratelli d’Italia), si dice sicuro che, data la correttezza dei rapporti instaurati in commissione anche con l’opposizione, si potrà procedere spediti, «a patto che non ci siano intenzioni ostruzionistiche». Che al momento non vengono manifestate, anche se il confronto, dopo lo slittamento dei lavori (inizialmente la maggioranza si era data l’obiettivo di portare la manovra all’esame dell’aula del Senato per oggi) si è inasprito. 

I dissapori in maggioranza

«Siamo vittime di un bullismo», dice il capogruppo dei senatori Pd, Francesco Boccia, e la segretaria Elly Schlein chiosa: «Non c’è nulla in manovra per far ripartire il Paese». Ma a preoccupare di più Palazzo Chigi dovrebbero essere le fibrillazioni che ancora ci sono nella maggioranza. Ieri, per esempio, il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini si è schierato contro ogni ipotesi di tassa sul contante: «Se uno vuole usare i suoi soldi deve poterlo fare come cavolo vuole».

I NODI DA SCIOGLIERE

1. I pagamenti pubblici ai professionisti

Un emendamento al disegno di legge di Bilancio, riformulato dal governo, interviene sui liberi professionisti (notai, avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti) che lavorano per la pubblica amministrazione o devono ricevere compensi comunque finanziati con soldi pubblici, stabilendo che il pagamento delle parcelle venga bloccato se il professionista non è in regola col fisco o con il pagamento dei contributi. La norma ha suscitato le proteste delle associazioni di settore, ma anche nelle forze della maggioranza. Da Fratelli d’Italia si sono levate voci per chiedere una correzione che attenui la norma mentre la Lega ha presentato in commissione Bilancio del Senato un emendamento soppressivo della disposizione. Il governo sta valutando una correzione.

2. Il prelievo sulle banche e il duello tra Lega e Forza Italia

Dopo il duello, nelle scorse settimane, tra Lega e Forza Italia sul contributo alla manovra da chiedere a banche e assicurazioni, il compromesso raggiunto sembra tenere. Non ci sarà un ulteriore aumento di mezzo punto dell’Irap oltre ai due punti già decisi, ma il sistema bancario fornirà alla manovra di Bilancio altri 600 milioni in due anni (2026-27) attraverso un nuovo taglio della deducibilità delle perdite pregresse. Alla fine, sommando l’aumento dell’Irap e il taglio delle deduzioni, il contributo delle banche, per il solo 2026, sale a 5,5 miliardi. In tutto, da banche e assicurazioni, in tre anni arriveranno a oltre 11 miliardi di euro. Le banche lamentano anche le ripercussioni che potrebbe avere sui loro bilanci l’aumento della Tobin tax sulle transazioni finanziarie.

3. La tassa sui pacchi extra-Ue

Il governo è orientato a introdurre in manovra la tassa di due euro su ogni pacco di valore inferiore a 150 euro in arrivo da Paesi extra europei. E questo nonostante il Consiglio europeo abbia deciso, qualche giorno fa, di mettere, dal prossimo luglio, un dazio di 3 euro sugli stessi pacchi fino a 150 euro in entrata da Paesi fuori dall’Unione. Entrambe le mosse hanno lo scopo di arginare l’invasione di merci, in particolare dall’Asia, acquistate attraverso le grandi piattaforme di commercio on line. Sia le associazioni dei consumatori sia quelle della logistica sono in forte allarme per le ripercussioni di una possibile doppia imposizione. Che potrebbe essere evitata, nel corso del 2026, togliendo la tassa italiana da luglio, quando scatterebbe il dazio europeo.

4. Gli aumenti detassati

Un novità emersa negli ultimi giorni è l’ipotesi di estendere la tassazione agevolata sugli aumenti ottenuti con il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro. Sono stati infatti presentati dalla maggioranza emendamenti in tal senso. In particolare, per aggiungere, all’aliquota del 5% già prevista in manovra per chi ha redditi da lavoro dipendente non superiori a 28mila euro lordi l’anno, un’aliquota del 10% che si applicherebbe agli aumenti contrattuali per chi ha redditi compresi tra 28mila e 35mila euro. La proposta è vista con favore anche nel governo, ma sembra avere poche chance per via delle coperture. Servirebbero 167 milioni nel 2026, secondo i proponenti: non tantissimo ma neppure pochi, visti i ristretti margini di manovra.

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15 dicembre 2025