Firenze, 15 dicembre 2025 – Nuove prospettive per il trattamento della maculopatia secca, una patologia degenerativa della retina che colpisce soprattutto la popolazione anziana. Tra le tecniche più promettenti, oltre alla fotobiomodulazione, cresce l’interesse della comunità scientifica per la iontoforesi oculare, una metodica non invasiva che sfrutta deboli correnti elettriche per migliorare la veicolazione dei farmaci all’interno dell’occhio.

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Che cos’è la iontoforesi

La iontoforesi è una tecnica già utilizzata in altri ambiti della medicina e che, negli ultimi anni, sta trovando applicazione anche in oftalmologia. Come spiega il professor Stanislao Rizzo, presidente di FLORetina ICOOR, direttore del dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS e ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma, «questa tecnica consiste in una procedura non invasiva che utilizza una corrente elettrica leggera per facilitare l’assorbimento di farmaci attraverso le membrane biologiche».

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Nel trattamento oculare, la procedura prevede l’applicazione di un elettrodo sulla superficie dell’occhio, attraverso il quale viene somministrata una debole corrente elettrica, in grado di “spingere” le molecole del farmaco verso i tessuti più profondi.

Maculopatia dell’occhio

Maculopatia dell’occhio

Perché è utile nella degenerazione maculare

Uno dei principali limiti delle terapie tradizionali per la maculopatia secca è la difficoltà di raggiungere efficacemente la macula, una regione anatomica centrale della retina, protetta da barriere che ostacolano l’assorbimento dei farmaci somministrati per via orale o topica. La iontoforesi viene studiata proprio per superare questo ostacolo: «Nel caso della degenerazione maculare – chiarisce Rizzo – la tecnica permette di veicolare direttamente nella macula farmaci specifici, come agenti antinfiammatori e antiossidanti, tra cui la luteina, senza ricorrere a iniezioni intraoculari».

Maggior efficacia nella veicolazione dei farmaci

Secondo le evidenze disponibili, la corrente elettrica utilizzata nella iontoforesi consente di raggiungere concentrazioni intraoculari significativamente più elevate rispetto alle modalità tradizionali di somministrazione. «È stato rilevato – sottolinea Rizzo – che la iontoforesi permette di ottenere livelli di farmaco nella coroide e nella retina molto superiori a quelli raggiungibili con la semplice applicazione topica».

Un risultato particolarmente rilevante per patologie come la maculopatia secca, in cui il deficit di pigmento maculare gioca un ruolo centrale.

Sicurezza e tollerabilità

Un altro aspetto cruciale riguarda la sicurezza della metodica. «Gli effetti collaterali risultano limitati – evidenzia Rizzo – perché le sostanze veicolate agiscono localmente e a basse dosi». Inoltre, la debole corrente elettrica impiegata non provoca alterazioni strutturali della cornea, della retina o del nervo ottico e non incide sulla pressione intraoculare, confermando un buon profilo di tollerabilità.

Le evidenze scientifiche più recenti

A rafforzare l’interesse verso questa tecnica sono anche i risultati pubblicati sul Journal of Biophotonics. Come spiega Daniela Bacherini, professore associato presso la Clinica Oculistica dell’Università di Firenze, «lo studio ha dimostrato che, già 40 minuti dopo una breve applicazione di una lieve corrente sulla superficie oculare, la luteina risultava aumentata in modo evidente nella sclera, nella coroide e nella retina periferica». Anche la macula ha mostrato un incremento significativo: «I livelli di luteina hanno raggiunto valori circa 1,3 volte superiori rispetto ai controlli».

Una possibile nuova strategia terapeutica

Questi dati suggeriscono che la iontoforesi oculare potrebbe rappresentare, in futuro, un trattamento mirato per aumentare il pigmento maculare, notoriamente ridotto nella degenerazione maculare secca. Una strategia che, se ulteriormente confermata dagli studi clinici, potrebbe affiancare o potenziare le terapie esistenti, offrendo ai pazienti una soluzione efficace e meno invasiva.