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Redazione Economia

Il produttore di aspirapolvere Roomba, uno dei prodotti più innovativi per la pulizia della casa, ha dichiarato bancarotta: la società iRobot trasferirà l’attività a due realtà cinesi e che cesserà di essere quotata in Borsa

Per chi ha vissuto i primi anni Duemila, Roomba non era semplicemente un robot aspirapolvere. Era il robot aspirapolvere. Il primo robot domestico di massa, quello che entrava in casa, girava da solo, sbatteva contro i muri e ti faceva pensare che il futuro fosse già lì. Il produttore americano, che li ha realizza, ha appena dichiarato bancarotta ai sensi del Capitolo 11 della legge fallimentare degli Stati Uniti e dunque ora si chiude un’epoca. iRobot ha annunciato che trasferirà la propria attività a due realtà cinesi e che cesserà di essere quotata. L’azienda ha dichiarato di aver raggiunto un accordo di ristrutturazione in base al quale iRobot sarà acquisita dal suo principale finanziatore e produttore, Shenzhen Picea Robotics Co. e Santrum Hong Kong Co.

La transizione

«L’annuncio di oggi segna una tappa fondamentale per garantire il futuro a lungo termine di iRobot», ha dichiarato in un comunicato Gary Cohen, amministratore delegato di iRobot. Secondo Cohen, la transazione rafforzerà la sua posizione finanziaria e «garantirà continuità ai suoi consumatori, clienti e partner» .In base ai termini dell’accordo di fallimento, iRobot continuerà a operare senza interruzioni per i suoi clienti.



















































Il controllo a Picea

Una volta completata la transazione, iRobot diventerà una società privata interamente controllata da Picea e le sue azioni saranno ritirate dal Nasdaq Stock Market. iRobot prevede che, se il Tribunale Distrettuale del Delaware approverà il piano di fallimento, gli azionisti dell’azienda non riceveranno alcuna partecipazione nella società riorganizzata, il che significa che «subiranno una perdita totale e non recupereranno il loro investimento».

Dubbi sulla stabilità

Il produttore di «Roomba», fondato nel 1990 da ingegneri del Mit e quotato in borsa nel 2005, aveva già segnalato lo scorso marzo «sostanziali dubbi» sulla sua capacità di continuare a operare a causa dell’incertezza relativa all’impatto della concorrenza, delle condizioni macroeconomiche e dei dazi sulla domanda dei consumatori. Catene di fornitura fragili, costi in aumento, domanda più debole. Ma soprattutto un fattore decisivo: la concorrenza cinese. D’altronde quello che sta avvenendo in Cina però racconta molto delle trasformazioni tecnologiche nell’industria. Robot prodotti in casa, a un prezzo irrisorio che aiutano fabbriche locali cinesi a produrre più beni a prezzi più bassi. Ciò consente alla Cina di aumentare la propria quota di esportazioni, anche per quanto riguarda i prodotti ad alta intensità di manodopera (ne abbiamo scritto qui). Il piano Made in China 2025 del presidente Xi Jinping e altre iniziative governative hanno spinto a rafforzare i produttori nazionali di robot «autoctoni» e a immettere investimenti e credito nel settore manifatturiero. E ora ne fanno le spese gli altri.

L’accordo annullato

Secondo la Federazione Internazionale di Robotica, le fabbriche cinesi installano ogni anno circa 280.000 robot industriali, ovvero la metà del totale mondiale, portando la densità di robot per lavoratore a superare quella della Germania e avvicinandosi al leader di mercato, la Corea del Sud, Nel gennaio 2024, poi, il colosso statunitense dell’e-commerce Amazon ha annullato un accordo per l’acquisizione di iRobot, ritenendo improbabile che l’operazione ottenesse l’approvazione delle autorità di regolamentazione dell’Unione europea, che mesi prima avevano avvertito che l’acquisizione avrebbe potuto «limitare» la concorrenza. A seguito del fallimento dell’accordo, iRobot ha annunciato un piano di ristrutturazione per rafforzare la propria base finanziaria, che ha comportato una riduzione del personale di oltre il 50%.

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15 dicembre 2025 ( modifica il 15 dicembre 2025 | 14:27)