di
Alessandra Muglia
L’ex premier polacco che guida a Bruxelles il partito di destra Ecr : Orbán non è il colpevole di ogni blocco nell’Unione, a dividerla ci sono le spinte contrastanti dei Paesi membri
ROMA – «Il blocco dei beni russi congelati? L’avevo già proposto io all’inizio della guerra», sorride avvolto nel suo covert coat blu Mateusz Morawiecki, fresco di selfie sul palco di Atreju con Giorgia Meloni. Al consiglio Ue del 10 marzo 2022, «furono il cancelliere Scholz e il presidente Macron a escludere questa opzione, non Viktor Orbán e nemmeno Robert Fico. Orbán non è il colpevole di ogni blocco nell’Unione, a dividerla ci sono gli interessi contrastanti dei Paesi membri».
Al consiglio Ue del 10 marzo 2022, «furono il cancelliere Scholz e il presidente Macron a escludere questa opzione, non Viktor Orbán e nemmeno Robert Fico. Orbán non è il colpevole di ogni blocco nell’Unione, a dividerla ci sono gli interessi contrastanti dei Paesi membri».
Il presidente del partito europeo di destra Ecr ed ex premier polacco del partito nazionalista Pis, all’opposizione da fine 2023, proprio ad Atreju un anno fa aveva incassato il sostegno della premier italiana nella corsa per la guida dei Conservatori e riformisti europei, con la promessa di sostenere l’idea della sovranità degli Stati: «Non possiamo andare verso un’ulteriore centralizzazione dell’Ue».
Ritiene davvero che un’«Europa delle nazioni» possa affrontare le nuove sfide, a iniziare dal sostegno all’Ucraina?
«Certo che se l’Europa parlasse con una sola voce potrebbe farsi sentire meglio. Ma ci sono interessi davvero diversi tra gli Stati e se spingiamo troppo verso soluzioni uniche per tutti, non si arriva da nessuna parte. Se forziamo i Paesi ad avere un’unica linea su migranti, Green Deal, sicurezza, l’Unione andrà in panne. Meglio lavorare su un denominatore comune più basso e salvare l’Ue. Dobbiamo fare un passo indietro verso le 4 libertà principali sancite nei Trattati di Roma: la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali».
Come può il fianco orientale affrontare la minaccia russa senza il supporto compatto dell’Europa?
«Siamo riusciti a farlo negli ultimi quattro anni e credo che sia possibile, con l’attuale assetto dell’Unione europea, continuare anche in futuro».
C’è l’incognita Trump. Una versione più estesa della sua Strategia di Sicurezza nazionale menzionava Austria, Ungheria, Italia e Polonia come Paesi con cui l’America dovrebbe «lavorare di più con l’obiettivo di allontanarli» dall’Ue. Anziché rendere grande l’Europa, Trump non la sta indebolendo, cercando di dividerla?
«Nella sua domanda si cela una premessa che non condivido: che la politica Ue sia positiva per tutti i Paesi. Non è così: da premier ho assistito a un attacco molto sgradevole da parte di Bruxelles al mio governo. Vedo follia attorno al Green Deal. Vedo una pessima gestione dell’immigrazione clandestina. Un altro esempio: ora tutti parlano di intelligenza artificiale e noi abbiamo i manuali più corposi e le normative più severe ma non abbiamo l’intelligenza artificiale: questo non promuove l’innovazione».».
L’Europa deve fidarsi di Trump?
«Non ha altra scelta. La Casa Bianca può essere lontana e avere interessi diversi, può essere un partner difficile, ma almeno ha un potere reale. In ambito Ue, non c’è un esercito, non hanno potere politico, non hanno la volontà di sostenere la sicurezza degli Stati membri. Nessun altro può sostituire gli Stati Uniti come nostro partner. In Polonia, quando ero primo ministro, mi sono impegnato al massimo per creare un forte esercito nazionale e far crescere la nostra industria militare, perché questo può essere il nostro scudo di sicurezza e su questo farei affidamento principalmente».
E la proposta di riarmo europeo e di un esercito comunitario?
««La ritengo molto teorica, quasi fantascientifica. Non sono contraria a priori, ma non vedo la volontà da parte di leader chiave come il presidente francese e il cancelliere tedesco, di creare un vero esercito europeo. Comunque avrei timore di sostituire la Nato con qualsiasi tipo di esercito europeo. La Nato è ancora una proposta di sicurezza molto valida per noi».
La Polonia, con i suoi oltre 500 km di confine con l’Ucraina, è stata una pioniera in Europa nella lotta contro la Russia di Putin e un’alleata modello della Nato con la spesa militare più alta in rapporto al Pil. In che direzione sta andando ora vista anche la difficile coabitazione tra il premier europeista Tusk e il capo di stato sovranista Navroski?
«In realtà non spendiamo in modo saggio. Dovremmo investire di più in produzioni innovative e nazionali. Spendiamo troppo, circa 55 miliardi di dollari l’anno, per acquistare equipaggiamento militare già pronto dagli Usa e dall’Europa. Non sto criticando soltanto il mio successore, l’attuale premier, ma anche me stesso. Perché in caso di guerra, dovremmo fare affidamento sulla nostra industria militare nazionale».
Kiev dovrebbe accettare di cedere territori alla Russia?
«Spetta agli ucraini decidere, in particolare sulla questione territoriale, con un referendum come suggerito da Zelensky».
Dei sondaggi indicano che gli ucraini sono contrari a cedere territori senza solide garanzie di sicurezza.
«Quelle sono la cosa più importante».
Trump ha fretta, vuole chiudere il negoziato prima di Natale.
«Stabilire una data definitiva per i negoziati è sempre pericoloso, avvantaggia la parte più forte, la Russia. La Casa Bianca vuole fermare la guerra al più presto per potersi concentrare sul Pacifico: questo è il loro interesse. Capisco gli ucraini, per cui la cosa più importante è avere solide garanzie: ma non saranno mai a prova di bomba al 100%».
Il suo partito ECR sembra si stia avvicinando ai popolari del Ppe più che ai Patrioti proprio per la comune avversione a Mosca.
«Non direi, ci troviamo a metà strada. Dipende dalle questioni, sull’Ucraina siamo più in sintonia con i Popolari, sui migranti con i Patrioti. Formiamo nuove maggioranze con gli uni e con gli altri, per soluzioni di buon senso».
Come vede il futuro della cooperazione transatlantica?
«La mia proposta è quella di chiudere il capitolo dazi, guardare avanti e creare una zona di libero scambio tra Usa e Ue, invece di litigare sulle tariffe. Sarebbe una via di fuga verso il futuro. Un’alleanza del genere varrebbe quasi la metà del Pil globale. Saremmo molto più forti di Cina e Russia messe insieme e potremmo imporre le nostre norme, i nostri standard».
15 dicembre 2025 ( modifica il 15 dicembre 2025 | 14:52)
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