I condizionatori non funzionano. I dipendenti con contratto a tempo indeterminato si lamentano? Mandiamoci i precari. È questa, senza giri di parole, la risposta “miserabile”  della Dussmann Service alla denuncia pubblica sulle condizioni insostenibili del locale lavaggio stoviglie dell’ospedale di Chivasso. Nessuna riparazione. Nessuna vergogna. L’unico intervento operativo registrato è stato cambiare i turni all’ultimo minuto, per spedire nel forno infernale non chi si è ribellato, ma chi non può permettersi di parlare: i somministrati, i lavoratori a tempo, i ricattabili.

A denunciarlo, con una diffida durissima inviata il 21 luglio, è ancora una volta la UILTuCS del Canavese, per mano della segretaria Ilenia Posa, che mette nero su bianco quanto sta accadendo: “Siete diffidati dal continuare a imporre lo svolgimento di attività lavorative in ambienti oggettivamente insalubri, ancor più sfruttando la condizione di manifesta ricattabilità del personale precario”.

Perché sì, è tutto documentato. Dopo la prima segnalazione del 16 luglio – che denunciava il malfunzionamento dell’impianto di aspirazione e climatizzazione e avvertiva che il servizio non sarebbe più stato garantito in assenza di condizioni lavorative dignitose – qualcuno, da qualche scrivania ben climatizzata, ha pensato di “risolvere” così: lasciare tutto com’era e mandare dentro chi non ha diritto di parola. Un cambio turni strategico, studiato ad arte per colpire chi ha protestato e silenziare il dissenso. Altro che sicurezza sul lavoro. Qui si rasenta l’abuso sistematico.

La segretaria Posa non ci gira intorno: la situazione è inaccettabile, e chi ha agito in questo modo va fermato, denunciato, svergognato. Ecco allora la diffida inviata non solo a Dussmann, ma per conoscenza anche all’ASL TO4, alla SCR, allo SPRESAL, alla Regione Piemonte, all’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Perché la misura è colma, e nessuno possa dire “non sapevo”. Tutti gli enti coinvolti ora sono stati formalmente messi a conoscenza di quanto sta accadendo. E se tacciono, saranno complici.

Nel locale lavaggio stoviglie di Chivasso si continua a lavorare in condizioni degne di una camera a gas: vapori stagnanti, caldo soffocante, impianti fuori uso. Ma invece di chiudere e ripristinare, si aggira l’ostacolo. Come? Scaricandolo sulle spalle dei più deboli. Non c’è niente di casuale in tutto questo: è una strategia cinica, aziendalista nel peggiore dei sensi, che considera i lavoratori intercambiabili in base al grado di obbedienza. E quale obbedienza è più garantita di quella del precario?

Quello che accade all’ospedale di Chivasso è indecente. Ma ancora più indecente è la normalizzazione del meccanismo: chi ha tutele protesta, chi non ne ha viene spinto nel reparto insalubre. Un ricatto quotidiano travestito da gestione dei turni. Una rappresaglia sociale sotto gli occhi di tutti. La UILTuCS ha avuto il coraggio di alzare la voce. Ora tocca agli ispettori, ai dirigenti regionali, ai tecnici SPRESAL, ai politici con ancora un minimo di dignità. Perché qui non si tratta più solo di un guasto. Si tratta di come si trattano le persone.

dipendenti

Altro che sanità pubblica: la salute, a Chivasso, non è garantita né a chi lavora né a chi si cura. È pubblica solo per modo di dire, un’etichetta buona per le brochure istituzionali. La legalità? Un concetto decorativo: se le aziende possono impunemente usare i più fragili come scudi umani, o peggio come schiavi da sacrificare in reparti insalubri, allora non siamo di fronte a un problema gestionale, ma a un vero e proprio nuovo schiavismo, praticato sotto gli occhi di tutti e tollerato dalle istituzioni. Altro che eccellenze piemontesi: qui siamo nel terzo mondo, travestito da sanità moderna.

A Chivasso non stanno semplicemente sbagliando. Stanno scegliendo. E stanno scegliendo male.