“Invertiamo Giro e Vuelta, sarebbe meglio per il calendario e per i corridori”. Firmato Tadej Pogačar. Il numero uno del ciclismo mondiale si è esposto in maniera netta sull’argomento, molto sensibile, del ripensamento del calendario ciclistico. Qualcuno si è subito indispettito (per info chiedere ai vertici di Rcs-sport), mentre qualcuno ha addirittura rilanciato.
Vincenzo Nibali, infatti, ci ha messo il carico da novanta: “Proporrei una rotazione fra Giro, Tour e Vuelta nei mesi di maggio, luglio e agosto”. Una provocazione, ovvio, che peraltro non si verificherà mai per evidenti interessi. Economici, di immagine e di tradizione. Ma che ci offre uno spunto di riflessione.
Partiamo dalla possibile inversione Giro-Vuelta. È un’ipotesi sensata e che darebbe alla Corsa Rosa degli evidenti vantaggi. Primo su tutti l’aspetto meteorologico. Senza addentrarci nelle questioni del cambiamento climatico, è capitato spesso negli ultimi anni di non poter inserire nel percorso del Giro troppe salite sopra i 2000 metri, onde evitare poi di non poterci passare causa neve.
Il riferimento classico è a montagne come lo Stelvio, il Gavia, il Nivolet o altre cime alpine o dolomitiche. Arrivi storici e iconici, che sempre meno faranno parte della storia della nostra corsa se questo sarà l’andazzo. Una riprova attuale? Il Giro di quest’anno ha avuto come vetta mitica solo il Colle delle Finestre. Nel 2026, in pratica, non ce ne sarà nemmeno una e la Cima Coppi sarà il Passo Giau. Triste.
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L’inversione con la Vuelta avrebbe quindi più che un senso logico. In Spagna il rischio sarebbe minore. Fatta eccezione forse per qualche salita pirenaica, sul suolo iberico, anche a maggio, ci sarebbero tante opzioni per offrire arrivi in salita tosti, duri e affascinanti pur non dovendo salire troppo di altitudine.
Non a caso è bene ricordare che fino al 1995 la Vuelta si correva fra aprile e maggio, appena prima del Giro. Da Rcs dicono, con la solita miopia, che non vogliono nemmeno prendere in considerazione la questione. Peccato. Perché anche sul fronte della partecipazione dei corridori se ne potrebbe trarre un beneficio. Il Giro è il Giro e il suo fascino, così come il nostro amore per la Corsa Rosa, non sono nemmeno lontanamente in discussione.
Intanto Pogi proprio in questi giorni ha svelato il suo calendario nel primo semestre 2026 e ha fatto sapere che non correrà il Giro ma tra gli obiettivi di stagione punta a conquistare la sua prima Roubaix.
Ma è un dato di fatto che nelle ultime edizioni la startlist – almeno guardando ai pretendenti alla classifica generale – è stato spesso sbilanciato a favore della Vuelta rispetto al Giro. Il motivo è semplice. La Vuelta, arrivando come ultimo e terzo grande giro della stagione, può essere utilizzato da molti corridori come giro del riscatto o esame di riparazione.
In più, e questo resta un po’ un mistero della fede, mentre diversi corridori tentano di fare classifica prima al Tour e poi alla Vuelta, tendenzialmente non fanno lo stesso ragionamento per l’accoppiata Giro-Tour. E qui torniamo ancora al calendario. Se un corridore (parliamo sempre di chi punta a un certo risultato e non di gregari o velocisti) vuole fare le classiche difficilmente mette nel mirino il Giro e poi va al Tour (poi eventualmente alla Vuelta). Chi fa il Giro, invece, salta il Tour e tendenzialmente si ripresenta alla Vuelta.
Insomma, farci più di un ragionamento su questa inversione non sarebbe proprio una cosa campata per aria. Ricordando che è utopia un possibile scostamento del Tour de France dal mese di luglio (che peraltro è il mese di vacanza per i francesi), se volessimo ampliare il ragionamento sul calendario emergono altri aspetti.
In una stagione che comincia a metà gennaio in Australia e si conclude oltre metà ottobre in Cina, l’appassionato diventa pazzo. Troppe corse, troppe gare minori e spesso pure in concomitanza fra di loro. Il calendario è cervellotico e pieno zeppo di eventi. Stargli dietro è quasi impossibile e finisce per essere disorientante per lo spettatore.
Una soluzione netta e brusca, ma forse utile, sarebbe quella di fare del calendario World Tour (che già esiste) il vero calendario da seguire. Una sorta di serie A o di Champions League. Senza sovrapposizioni e in cui tutti i migliori, a seconda delle proprie caratteristiche, partecipano e si scontrano. Anche per generare il giusto hype.
Poi servirebbe un calendario di serie B, magari per squadre Professional e Continental, con una classifica a parte e dove poter far crescere i nuovi talentuosi virgulti del circus.
Per andare in questa direzione servono coraggio e competenze, soldi e disponibilità.
Purtroppo nel ciclismo quasi sempre si tende a curare il proprio orticello senza avere una visione d’insieme. Lasciando a noi giornalisti e tifosi discussioni da bar, polemiche, ipotesi, desideri e sogni impossibili.
Ma a noi piace sognare. Mettetevi l’anima in pace.
[Fonte]
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