Siete soltanto birilli. Le bici nelle strade non devono circolare. Arrestiamo chi ha fatto le ciclabili. È lo “Zibaldone” di commenti che i ciclisti, quotidianamente, sono costretti a leggere nei commenti sui profili social dedicati alla mobilità sostenibile. Chi si sposta sulle due ruote o a bordo di un monopattino deve anche fare i conti con chi ignora il codice della strada, creando costantemente pericoli. Per questo il collettivo spontaneo Belparcheggio – composto da centinaia di persone che utilizzano bici, monopattini e cargo-bike – ha pensato di lanciare una petizione senza precedenti su Change.org: rendere obbligatorie otto ore di pratica di bici nelle scuole guida. «L’idea è che l’educazione arriva dove la repressione non riesce – spiega Sirio Romagnoli, cicloattivista e promotore della petizione –. I futuri automobilisti devono rendersi conto di cosa significa spostarsi in bici in città, ma anche spingere chi già si sposta su due ruote o in monopattino a rispettare il codice della strada. L’obiettivo finale è la convivenza di tutte le persone che si trovano in strada».

La petizione

Finora la petizione è stata sottoscritta da quasi 14 mila persone. Il 10% dei firmatari vive a Torino, quasi il 90% fuori dal Piemonte. Sintomo di un’esigenza avvertita al di là dei confini della nostra regione: «Alcune firme sono arrivate anche da expat che vivono all’estero», spiega Romagnoli. L’ispirazione arriva dai Paesi del Nord Europa, dove la cultura della bicicletta, sia a livello di infrastrutture che di educazione civica, è avanti anni luce rispetto all’Italia. «Nei Paesi Bassi, per esempio, nelle scuole gli alunni devono ottenere un patentino obbligatorio, seppur simbolico, in cui dimostrano di conoscere le norme per spostarsi in sicurezza per strada».

In monopattino

Sirio Romagnoli, ogni giorno, percorre il tragitto casa-lavoro con il monopattino ed è testimone di manovre azzardate e precedenze non date, nella migliore delle ipotesi. «Molti automobilisti non si rendono conto di quanto alcuni atteggiamenti alla guida siano pericolosi», sottolinea. Quasi quotidianamente nella chat che condivide con altri “colleghi” fioccano video e testimonianze delle disavventure di cui sono protagonisti e che in alcuni casi hanno provocato incidenti, a volte anche seri. «Una volta è successo che un vigile urbano imponesse di scendere dalla bicicletta in un attraversamento ciclopedonale – ricorda Romagnoli –. Se non conoscono loro il codice della strada, figurarsi gli altri cittadini».

Lo scopo

L’obiettivo della petizione è raggiungere numeri ancora più consistenti per poi consegnare il plico di firme digitali a un esponente politico affinché ne faccia la base di una battaglia, magari in Parlamento. Anche se, considerato l’attuale governo e chi guida il dicastero dei Trasporti, gli attivisti non si fanno troppe illusioni. «Sentire il ministro Salvini che delegittima ogni iniziativa volta a incentivare la mobilità dolce non è per nulla incoraggiante, per usare un eufemismo», conclude Romagnoli.

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