ASSISI San Francesco oltre l’immaginetta. Certo, c’è il lupo e ci sono anche gli altri fioretti. Ci sono anche i documenti che offrono una dimensione storica. Ma «Francesco», lo spettacolo di Aldo Cazzullo con Angelo Branduardi che ha debuttato ieri ad Assisi, racconta soprattutto l’universalità e l’attualità di una figura centrale per la cristianità in occasione degli 800 anni dalla morte. C’è però un terzo protagonista in questa «prima»: la basilica di San Francesco. Il palco sta al centro della navata, immerso nel ciclo degli affreschi di Giotto. E vuoi mettere quando alle parole sulla spoliazione o al racconto dell’episodio del sogno di papa Innocenzo III o sulle note di «Il sultano di Babilonia e la prostituta» basta alzare lo sguardo (lo fa anche Jovanotti, tra il pubblico) e trovarsi davanti agli occhi la meraviglia della composizione giottesca, il trionfo dei colori, la rivoluzione pittorica che anticipò l’umanesimo.
«L’insegnamento di Francesco è più vivo che mai, anche se resta inascoltato: lui predicava la pace e noi facciamo le guerre, lui amava tutte le creature e noi distruggiamo la creazione con inquinamento e allevamenti intensivi, lui chiedeva rispetto e dignità per tutti e noi calpestiamo i deboli e le donne», spiega lo scrittore ed editorialista del Corriere. Che ha costruito lo spettacolo intorno al suo «Francesco. Il primo italiano» (edito da HarperCollins Italia), il saggio più venduto dell’anno e il secondo libro in assoluto. Branduardi fa sia da contrappunto narrativo che da legame musicale con le canzoni da «L’infinitamente piccolo», album dedicato al santo di Assisi. «Quando i francescani mi chiesero di mettere in musica alcuni scritti – ricorda il cantautore dietro le quinte – ci rimasi male perché detesto la musica devozionale in stile Radio Maria, tra l’altro spesso piena di doppi sensi ( Freud ci andrebbe a nozze). Mi spiegarono che desideravano dare vita a un’opera filologica. “E la chiedete a un peccatore come me?”, chiesi. Mi convinsero con un “Dio sceglie i peggiori” e in 15 giorni nacquero le canzoni. Sono gli unici dischi d’oro e di platino che conservo: quelli ricevuti per altri album li ho regalati». Commenta fra Marco Moroni, custode del Sacro Convento: «La vita e l’esperienza di Francesco continuano a essere condivise e raccontate anche attraverso l’arte del XXI secolo, come già con quella di Giotto e Cimabue nel medioevo».
La serata, che sarà anche uno speciale pasquale per La7, si apre con «Il cantico delle creature» nella versione di Branduardi: lui voce e violino e al pianoforte Fabio Valdemarin. La narrazione biografica segue un percorso cronologico. Francesco, giovane ricco e dissoluto, sente la chiamata di Dio e capisce che «la povertà, intesa come non aver più nulla da perdere, è il massimo della libertà» e si dedica a una nuova vita da costruire insieme ai fratelli – frate è parola inventato da lui -, che lo vogliono seguire: «Erano tutti uguali e fu una rivoluzione in un’era gerarchica come il Medioevo».
Si sorride con il lupo mascotte (canzone compresa) e con le istantanee dalla vita di comunità come frate Ginepro che cucina «il pasticcio di gamberi di fiume», piatto preferito di Francesco, si riflette sul mistero delle stimmate. Emerge la grandiosità di un visionario che «vuole parlare a tutta l’umanità» e prova anche a convincere il sultano al-Malik a convertirsi: «Il suo vero miracolo è che l’uomo può cambiare», spiega Cazzullo.
Prima del finale a sorpresa con La pulce d’acqua e Alla fiera dell’est sui cori del pubblico (e di Cazzullo) la contemporaneità irrompe con i paragoni fra la regola francescana contrapposta alla «teologia della prosperità di Trump» o con la distanza fra l’accettazione della morte, chiamata sorella da Francesco, e l’atteggiamento di «Putin, Xi Jinping, Elon Musk o altri miliardari» che vorrebbero diventare immortali magari con un chip in cui impiantare la propria coscienza. San Francesco è andato lo stesso oltre la morte. «È il vero fondatore dell’identità italiana – sottolinea Cazzullo – anche perché ha scritto la prima opera poetica in volgare, perché ha inventato il presepe, perché cambia il teatro con le sue prediche, cambia anche la pittura ispirando Giotto ed è precursore dell’umanesimo, il dono che noi italiani abbiamo fatto al mondo».
15 dicembre 2025
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