Il caso della chat di un avvocato di lingua italiana che chiede al chatbot come mandare via gli indigeni dall’Amazzonia per costruire una centrale elettrica
OpenAI, l’azienda di San Francisco che ha creato il popolare chatbot ChatGpt, ha tentato di correre ai ripari per eliminare dal web migliaia di conversazioni private condivise dagli utenti che erano finite indicizzate su Google. Tuttavia, una «capsula del tempo» digitale, la Wayback Machine di Archive.org, ha conservato un vasto archivio di queste interazioni. Il problema è emerso con la scoperta di chat contenenti dati estremamente delicati, sollevando importanti interrogativi sulla persistenza delle informazioni online.
La condivisione della chat tramite un link
Tutto è nato alcuni giorni fa, quando migliaia di conversazioni intrattenute dagli utenti con ChatGpt sono apparse tra i risultati di Google. Non si è trattato di una violazione della privacy o di una fuga di dati. Piuttosto, la visibilità di queste conversazioni era il risultato di una specifica funzione offerta da OpenAI che prevedeva il consenso esplicito degli utenti: tramite un link pubblico, selezionando un’opzione specifica, potevano condividere le proprie conversazioni con il chatbot.
La funzione disattivata da OpenAI
A seguito delle polemiche e del clamore online, OpenAI è intervenuta disattivando la funzione che permetteva l’indicizzazione e rimuovendo gran parte delle chat da Google. Dane Stuckey, Chief Information Security Officer (CISO) di OpenAI, ha spiegato che la funzionalità introduceva «la possibilità che gli utenti condividessero accidentalmente contenuti indesiderati». Ma sebbene il «problema» sembrasse corretto con la cancellazione delle chat da Google, non è in realtà stato risolto del tutto.
Le conversazioni ancora visibili
Un’indagine della newsletter Digital Digging ha rivelato che oltre 110.000 conversazioni con ChatGptsono ancora visibili e accessibili tramite la Wayback Machine di Archive.org. Questo archivio digitale, noto come una «capsula del tempo» del web, conserva versioni passate dei siti interet, anche dopo che i contenuti originali sono stati modificati o rimossi. Mark Graham, direttore della Wayback Machine, ha confermato che la sua organizzazione non ha ricevuto né accolto richieste su larga scala da OpenAI per l’esclusione di questi contenuti. Ciò significa che, sebbene Google non possa più vederle e i link originali siano stati cancellati, chiunque conosca i link di Archive.org può ancora accedere a queste conversazioni complete e «congelate nel tempo». evidenziando come nulla scompare veramente da Internet.
Le chat: via gli indigeni per una centrale elettrica
Tra le conversazioni scoperte, emergono schemi che vanno ben oltre semplici scambi innocui. Un caso particolarmente eclatante riguarda un avvocato di lingua italiana che, in una chat, ha esposto apertamente la strategia di un gruppo multinazionale del settore energetico per spostare una piccola comunità indigena amazzonica dai propri territori. L’utente si è presentato a ChatGpt dichiarando di essere «l’avvocato di un gruppo multinazionale attivo nel settore energetico che intende allontanare una piccola comunità indigena amazzonica dai propri territori per costruire una diga e una centrale idroelettrica». La conversazione rivelava piani per un impianto idroelettrico da 15.000 MW e l’avvocato chiedeva esplicitamente a ChatGpt: «Come possiamo ottenere il prezzo più basso possibile nelle trattative con questi indigeni?» sottolineando che i popoli indigeni «non conoscono il valore monetario della terra e non hanno idea di come funzioni il mercato», rendendo così esplicito l’intento di sfruttare il divario di conoscenze per profitto aziendale.
Altri esempi includono numerosi casi di frode accademica, con studenti che usavano ChatGpt per scrivere intere sezioni di tesi o articoli. Alcuni di questi studenti si sono vantati di aver ottenuto buoni voti grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale.OpenAI, nonostante sia stata contattata, non ha rilasciato commenti pubblici a Digital Digging.
Come proteggersi
Agli utenti resta la possibilità di gestire le proprie chat condivise accedendo alle impostazioni del profilo e alla sezione «Controllo dei dati», dove possono eliminare i contenuti che non desiderano rimangano online. In caso di indicizzazione già avvenuta, è possibile richiedere la rimozione a Google attraverso questo link.
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3 agosto 2025 ( modifica il 3 agosto 2025 | 15:41)
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