di
Paolo Tomaselli
Il tecnico rumeno amplifica il rumore dei nemici del portoghese e in campo prova a cambiare i nerazzurri senza Dumfries
Una squadra senza pari. Come nessun altro in Europa. L’Inter nuova capolista almeno fino a Natale vince con regolarità e ogni tanto si inceppa. È senza mezze misure, capace di reagire sempre alle sconfitte nei big match, che però restano un piccolo tarlo. Con la Supercoppa alle porte — e con due potenziali partite ravvicinate, la prima con il Bologna venerdì — Cristian Chivu studia le contromisure per conquistare il suo primo trofeo da allenatore. E togliere così dalla sua Inter una di quelle etichette che non gli piacciono. Assieme a quella, comparsa dal nulla a Genova, secondo cui «si diceva che dovevamo arrivare ottavi o decimi perché eravamo finiti». Una frase, quella ripetuta da Chivu, che racconta come il tecnico voglia compattare la sua squadra, anche amplificando il famoso rumore dei nemici di mourinhiana memoria, se questo può tornargli utile.
Se nessuno ai nastri di partenza considerava l’Inter per l’ottavo posto, è anche vero che i dubbi sul tecnico con appena 13 panchine in A a Parma nel proprio curriculum erano diffusi fuori dai muri di Appiano. Senza contare che sul mercato Chivu non ha avuto dei titolari necessari per cambiare a fondo la squadra, ma ha saputo utilizzare bene l’attrezzatura a disposizione (un po’ usurata ma buona) per sanare le ferite della scorsa stagione e per iniziare a proporre la sua idea di calcio «dominante», alla ricerca di quell’equilibrio rotto da episodi sfavorevoli nei big match e dall’Udinese ammazzagrandi, che ha vinto a San Siro.
Un esempio dell’attività nel laboratorio del tecnico romeno e del suo staff arriva proprio dalla vittoria di Genova: l’Inter che è la squadra in Europa che di media effettua più cross (4.7 a partita) non è mai andata sul fondo con gli esterni Carlos Augusto e Luis Henrique. I due brasiliani sono rimasti volutamente abbastanza bassi, in modo da attirare la pressione dei loro dirimpettai genoani e consentire alle mezzali, Barella e Sucic di attaccare gli spazi, con Zielinski regista arretrato, molto ispirato anche nella fase di interdizione.
Anche la posizione di partenza di Pio Esposito è stata sempre molto bassa, nel cuore del campo, per fare da perno al gioco offensivo grazie alla sua protezione del pallone e lanciare in verticale Lautaro, uomo chiave dell’intero meccanismo assieme allo stesso Zielinski, in attesa dell’imminente ritorno di Calhanoglu in Arabia dopo una gara di assenza, per il dolore agli adduttori patito contro il Liverpool. Sono dettagli, ma nell’evoluzione costante dell’Inter (e anche nella sperimentazione: vedi Akanji mediano davanti alla difesa nel finale) fanno la differenza. Specialmente dopo un mese senza Dumfries: oggi dovrebbe essere il giorno della decisione sulla caviglia dell’olandese e le possibilità di un intervento chirurgico sono sempre più concrete. In questo caso Chivu dovrebbe fare a meno di uno dei suoi giocatori più importanti per altri due mesi. E al di là degli accorgimenti tattici per ovviare all’emergenza, un intervento sul mercato non è da escludere. Anche se in Arabia torna a disposizione Darmian e in quella posizione, una volta bocciato Augusto a piede invertito, oltre a Luis Henrique si è visto anche Diouf: il laboratorio resta in piena attività.
16 dicembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA