Mia Martini e la Calabria, Mia Martini anzitutto e prima di tutto Mimì Bertè, Mia Martini come non è mai stata raccontata. Alla Camera di Commercio di Catanzaro è stato presentato è il docufilm «Mimì, tutti ne parlano, io l’ho conosciuta», scritto e diretto da Gianfrancesco Lazotti e prodotto da Stefano Baldrini e Sandro Fabiano, in collaborazione con la Film Commission Calabria e «La Fenice».

Universalmente conosciuta con il nome d’arte di Mia Martini, l’iconica artista calabrese – era nata a Bagnara nel 1947 – viene svelata nei suoi aspetti più intimi e più segreti: un ritratto inedito di Mia Martini che viene raccontata in modo originale attraverso le parole dei suoi amici d’infanzia, dei suoi fans, dei colleghi più sinceramente legati a lei.

«Non è un racconto dell’artista in sé, perché – ha spiegato il regista Lazotti – la sua storia è già stata narrata in tutti i modi possibili. E’ piuttosto il racconto del mondo che questa artista ha creato intorno a sè. Si tratta di un fenomeno difficile da raccontare, ed è proprio questo che abbiamo cercato di fare con il film. Per quanto riguarda la regia attraverso diverse regioni, visto che ci siamo effettivamente spostati, è stata un’esperienza molto interessante. Conoscevo già i calabresi e la loro accoglienza, che è proverbiale, e ho capito ancora meglio perché Mia Martini fosse profondamente calabrese. In questa terra c’è una passionalità e un’umanità che ritrovo ogni volta che torno, qualcosa di unico, viscerale».

«Mia Martini – hanno aggiunto i produttori Baldrini e Fabbiano – ha rappresentato in maniera straordinaria l’anima della nostra regione. L’elemento originale del progetto è il modo in cui viene raccontato: ha un taglio completamente diverso rispetto ai classici docufilm. Vengono affrontati molti aspetti, anche molto privati. Abbiamo incontrato i suoi amici d’infanzia, persone che l’hanno conosciuta quando era ancora una ragazzina, ascoltando i loro ricordi e le esperienze vissute insieme a lei, e cogliendo fin da subito il talento straordinario che Mimì possedeva. Abbiamo cercato di entrare nella sua vita in punta di piedi, con grande rispetto, e pensiamo che questo approccio emerga chiaramente dal racconto».