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Nell’ultimo emendamento governativo alla manovra depositato in commissione Bilancio al Senato spunta un doppio giro di vite per i pensionamenti. La prima sorpresa riguarda chi ha riscattato o riscatterà il periodo di studio universitario ai fini previdenziali. Questa scelta parzialmente sterilizzata in modo progressivo nel calcolo dell’anzianità contributiva che permette l’uscita dal lavoro: dal conteggio usciranno sei mesi per chi maturerà i requisiti nel 2031, dodici mesi nel 2032, diciotto mesi nel 2034 e 30 mesi, cioè due anni e mezzo a partire dal 2035. Da quell’anno, insomma, il periodo della laurea di primo livello sarà quasi irrilevante nel calendario del pensionamento, mentre i cinque anni necessari a conseguire il titolo magistrale conteranno solo per la metà; anche se il costo del riscatto, nel silenzio della norma, rimarrà inalterato.

Ma non è questa l’unica novità piombata a Palazzo Madama. Il testo scritto dal Mef contempla, infatti, anche un allungamento generalizzato di permanenza al lavoro, tramite il meccanismo delle finestre di uscita. La finestra mobile di tre mesi si allungherà a quattro mesi per chi matura i requisiti negli anni 2032 e 2033, di cinque mesi nel 2034 e di sei mesi dal 2035. Questa novità esclude solo chi, al 1° gennaio prossimo, è titolare di prestazioni straordinarie a carico dei fondi di solidarietà, con l’obiettivo evidente di evitare la creazione di nuovi “esodati”.

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