Macerata, 16 dicembre 2025 – A spingere in alto la valutazione dell’Agenas sulla Cardiologia dell’ospedale di Macerata, una vera eccellenza c’è non solo, ma soprattutto, la più bassa percentuale di mortalità nelle Marche (4,5%), rilevata nel 2024, per infarto al miocardio. Risultato frutto della professionalità degli operatori sanitari e delle procedure innovative attivate dalle equipe della Unità operativa semplice dipartimentale di Cardiologia interventistica, diretta da Francesco Pellone.

Francesco Pellone dirige l’unità operativa di Cardiologia interventistica
Quanti sono gli infartuati che ogni anno afferiscono all’ospedale di Macerata?
“Gli ultimi dati dicono 545. Sono circa 270 quelli che richiedono un intervento urgente, da trattare entro 90 minuti, con l’applicazione di stent, e 275 quelli che – invece – non hanno bisogno di un intervento urgente e vanno trattati entro 24/48 ore. Un numero elevato, che conferma quello che sappiamo da tempo: le malattie cardiovascolari sono tra le prime cause di morte. Ma la mortalità, anche rispetto a dieci anni fa, è molto diminuita”.
Quali i fattori che hanno permesso di migliorare la situazione?
“Una gestione medica acuta come l’angioplastica, specifici programmi di riabilitazione cardiovascolare, una più attenta prevenzione rispetto ai fattori di rischio, attraverso lo stile di vita e la terapia farmacologica a lungo termine, hanno un peso rilevante. A partire, soprattutto, dal primo, rispetto al quale negli ultimi anni qui a Macerata abbiamo cambiato molte cose”.
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“Questa mattina abbiamo avuto un paziente che circa una settimana fa si era rivolto all’ambulatorio perché lamentava affanno. Abbiamo rilevato una coronaria occlusa e siamo intervenuti subito per la disostruzione. Oggi pomeriggio il paziente può tornare tranquillamente a casa, tutto fatto in day hospital. Prima non era così. Il nostro servizio riusciva a funzionare solo mezza giornata o, addirittura, a giorni alterni. Adesso funziona 12 ore al giorno, tutti i giorni, con una variante importante. Dallo scorso aprile abbiamo attivato il day hospital per l’esame coronarografico: ad oggi abbiamo fatto circa 300 day hospital. Se, effettuato l’esame, il paziente non presenta problemi particolari, se ne va a casa più o meno alle 16; se dobbiamo applicare un’angioplastica o uno stent, invece, se ne va poco più tardi, comunque in giornata. Se necessita di un ricovero, ovviamente, lo tratteniamo. Una procedura importante, non solo per i pazienti”.
Perché?
“Perché in questo modo riduciamo i tempi di attesa sia per l’esame coronarografico che, per chi ne ha bisogno, del ricovero”.
Quante sono, complessivamente, le prestazioni erogate dalla vostra unità operativa?
“Nel 2025 siamo a quota 1.470, in forte crescita rispetto alle 1.200 dell’anno scorso”.
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Di cosa stiamo parlando?
“Oltre ad infarti e coronarografie, con eventuali interventi conseguenti, applichiamo impianti di reducer, una procedura innovativa che consiste nell’utilizzo di uno stent di metallo a forma di clessidra, per un restringimento controllato del seno coronarico e incrementarne la pressione a monte; effettuiamo la chiusura dell’auricola sinistra, una efficace alternativa alla terapia anticoagulante, una metodica avanzata per trattare la fibrillazione atriale, l’aritmia più comune che rappresenta un riconosciuto fattore di rischio; la chiusura del forame ovale pervio, allo scopo di eliminare un fattore di rischio per nuove recidive di attacchi ischemici transitori o ictus; e trattiamo la stenosi valvolare aortica con valvuolplastica”.
Quale l’età dei pazienti?
“Purtroppo, oltre a quelli che sono un po’ più su con gli anni, c’è un incremento nella fascia tra i 50 e i 60. Pesano, tutti insieme, stress, sedentarietà, obesità e stile di vita in genere. Agendo su questi fattori si possono ridurre i rischi”.