Quanto è complicato conciliare un bambino di quasi due anni e gli impegni del set?
«Livello di difficoltà: una contorsionista del Cirque du Soleil che cammina pure su un filo sospeso (ride, ndr). Mentre giravo Amata di Elisa Amoruso, ho dormito tre ore a notte: tornavo all’alba e alle sette ero sveglia per la colazione di Orlando. Lo dico senza vittimismo e con gioia vera. Ho la fortuna di poter contare su genitori e suoceri, che dalla Sicilia ci raggiungono ovunque: mia mamma ha preso un’aspettativa dal lavoro per essere qui a Roma mentre sono sul set dell’Uomo giusto di Sergio Rubini, e la ringrazio. I suoceri sono stati a Tangeri per l’intero periodo delle riprese».

E suo marito?
«Anche lui ha fatto avanti e indietro dal Marocco. Paolo (Carullo, ndr) è un papà molto presente, ci dividiamo compiti e responsabilità».

Quindi, è sul pezzo nello scardinare il patriarcato?
«Per forza, altrimenti non l’avrei sposato! È cresciuto con due sorelle, ha tante amiche che poi negli anni sono diventate mie amiche. E dà sempre l’esempio: mio figlio vede che suo padre tratta con rispetto me e le donne della famiglia».

Quali altri esempi date a Orlando?
«La mattina mi alleno a casa con un personal trainer online: Orlando mi gioca intorno, mi imita con i pesetti finti che gli ho procurato, e intanto vede che la mamma ha le sue passioni, si dedica un po’ a sé».

Lei è della scuola di pensiero che qualche segreto aiuti la coppia?
«Se è un segreto “pesante” assolutamente no! I segreti nell’intimità possono diventare una prigione pericolosa. Con il partner giusto si trovano il coraggio e la delicatezza per dirsi tutto, specie le cose scomode».

E fuori dalla coppia?
«Tipo gli amici? Certo. Per esempio, quando si comincia a provare dell’insofferenza per una persona, è sempre meglio comunicarla all’interessata, con gentilezza ovvio, in caso contrario si amplifica l’insofferenza. E poi, mi piace a volte essere irriverente: scardinare una situazione un po’ ingessata e artefatta con una verità inaspettata».

Insomma, non ha segreti o, comunque, non detti?
«In passato sono stata poco onesta con me stessa».

Spieghi.
«Nella mia adolescenza e nei miei 20 anni sono stata a disagio. Avevo tormenti interiori. Volevo essere invisibile, per poi scegliere, ironia o contraddizione della sorte, un mestiere che mi rende molto visibile. Volevo quasi non essere me. Mi dicevo superficialmente che dovevo essere più forte, meno “femmina”, meno sensibile. Ma non mi guardavo dentro per davvero. Fino a quando non sono andata in analisi, ovvero intorno ai 30 anni, e ho compreso la potenza di certe mie fragilità. Adesso sono un grande motore, è come avere il vento nelle vele. Ricordo che dopo la prima seduta sono tornata a casa e mi sono svegliata l’indomani mattina con un raffreddore che mi è durato dieci giorni: avevo aperto il rubinetto e si era stappato persino il mio corpo».

Con quali modelli di donne è cresciuta?
«Mia madre è stata la prima donna della mia famiglia a lavorare; mia nonna ha portato il lutto per 40 anni e io conservo il velo nero con cui entrava in chiesa fin da che ero piccola; mi ha insegnato a fare la maglia, che era per lei una forma di meditazione; ha provato a trasmettermi certe credenze di un tempo, che vanno analizzate e sfruttate per innescare il cambiamento necessario. Ricordo che non mi permetteva di toccare le piante quando avevo il ciclo, perché potevo essere in qualche modo impura».