TAURISANO – Subiva da tempo violenze e soprusi, ma Aneta Danielczyk non riusciva a ribellarsi per paura: paura per la propria incolumità, ma soprattutto di perdere il figlio minorenne. È il quadro emerso dalle testimonianze rese davanti alla Corte d’Assise di Lecce, composta dal presidente Pietro Baffa, dal collega Luca Scuzzarella e dai giudici popolari, nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola. Qui, oggi, sono stati ascoltati i due figli e la figlia ventottenne della vittima, e la vicina di casa, l’unica testimone oculare del delitto avvenuto il 16 marzo del 2024 in una palazzina di via Corvaglia, a Taurisano.

Quest’ultima, con dignità, fermezza e senza esitazione, ha ripercorso tutte le dolorose fasi dell’omicidio al quale ha assistito e di cui risponde il marito della 50enne assassinata, Albano Galati, di 57 anni.

Sollecitata dalle domande del pubblico ministero Luigi Mastroniani, dalla Corte e dagli avvocati difensori dell’imputato Luca Puce e Davide Micaletto, la teste ha riferito che, soprattutto nell’ultimo periodo di vita, l’amica le aveva raccontato delle aggressioni e dell’atteggiamento dispotico del coniuge che l’avrebbe anche costretta ad avere rapporti sessuali.

“Se lei mi avesse raccontato queste cose prima, io l’avrei potuta aiutare e invece non sono riuscita ad aiutarla né prima né dopo”, ha affermato con rammarico.

Secondo le confidenze raccolte dalla vicina, Aneta detta Stefy, non riusciva a ribellarsi e a denunciare per timore, dovuto soprattutto alla possibilità di perdere il quarto dei suoi figli ancora minorenne. Questi avrebbe dovuto essere ascoltato oggi ma, su sollecitazione del pm, la Corte ha ritenuto superflua la sua testimonianza, evitando così di provocare ulteriore dolore in una giovane vita già duramente segnata dagli eventi.
 

Da sinistra il pubblico ministero Luigi Mastroniani e gli avvocati delle parti civiliDa sinistra il pubblico ministero Luigi Mastroniani e gli avvocati delle parti civiliLe fasi dell’omicidio

Quel pomeriggio del 16 marzo 2024, intorno alle 15, le due amiche si erano incontrate per un caffè e una sigaretta, salutandosi poco dopo. Rientrata nella propria abitazione, la testimone aveva visto dal balcone Galati scendere dall’auto. Poi aveva udito le urla di Aneta, lo sbattere violento della porta d’ingresso e bussare con forza alla sua porta. Quando ha aperto si sarebbe trovata di fronte alla terribile scena. Le coltellate furono inferte prima al fianco, poi al collo, in un tentativo quasi di sgozzamento mimato dalla teste che, in risposta al suo tentativo di fermare la furia dell’uomo, fu raggiunta da un fendente all’ascella sinistra e minacciata: “Vabbanne se no te cciu puru a tie” (Vattene altrimenti uccido anche te, trad.)
L’assalto proseguì nel salotto, dove furono sferrati gli ultimi colpi mortali mentre la vittima era già a terra, ormai inerme. Galati avrebbe quindi abbandonato il coltello insanguinato e si sarebbe dato alla fuga. La donna ha riferito anche della presenza delle sue due nipoti, all’epoca di 9 e 12 anni: nella fase iniziale dell’aggressione le aveva esortate a raggiungere la veranda e a chiamare il nonno, che sarebbe poi stato il primo ad arrivare sul luogo del delitto seguito da 118 e carabinieri.

La testimone ha raccontato che, in seguito a quella drammatica vicenda è rimasta completamente sotto shock, subendo gravi ripercussioni emotive, e che ancora oggi ha paura del buio quando cala la sera. Dopo l’omicidio la casa è stata sottoposta a sequestro e lei, insieme ai suoi cari, è stata ospitata per un mese da una familiare.

Il racconto della figlia: “Un padre padrone”

La figlia è stata informata della morte della madre proprio dalla vicina di casa che, ancora sconvolta, le diede tutto d’un fiato al telefono la terribile notizia: “Dove sei? Tuo padre ha ammazzato tua madre”. Si è quindi messa immediatamente in macchina verso Taurisano col fidanzato. Nel frattempo uno dei fratelli, giunto sul posto, aveva spinto i poliziotti, era salito in casa, aveva visto tutta la scena, allontanando il fratello minore.

Il clima di violenza è stato confermato dalla ventottenne che, durante la deposizione ha sempre nominato il genitore per nome, quasi a voler marcare le distanze già prese da lui negli ultimi due anni precedenti al delitto. Lo ha descritto come un vero e proprio padre padrone e nel ricordare l’infanzia e l’adolescenza, non è riuscita a trattenere le lacrime: sin da bambina, sarebbe stata punita anche quando a sbagliare erano i suoi fratelli maschi; costretta a lavorare già a 14 anni per comprarsi i libri di scuola; le sarebbe stato impedito di uscire e di avere un fidanzato anche una volta diventata maggiorenne. Ma questo sarebbe stato nulla rispetto al male subito dalla vittima.

C’è un ricordo su tutti che le grava sul cuore: l’11 marzo, nel giorno del suo compleanno, quindi pochi giorni prima del delitto, in mattinata si era recata dalla madre per truccarla e sistemarle i capelli, in occasione della festa che si sarebbe svolta in serata. Quando Galati si presentò in casa – cosa che accadeva spesso e senza preavviso, sebbene avesse lasciato il tetto coniugale otto mesi prima – avrebbe aggredito la moglie attribuendo quel cambiamento estetico alla presenza di un altro uomo nella sua vita. Oltre a questa confidenza, proprio il 16 marzo, poco prima di trovare la morte, la vittima le avrebbe rivelato che il giorno prima l’imputato era tornato e aveva abusato di lei.

In seguito, le psicologhe le riferirono anche che il fratello minore aveva raccontato di aver sentito più volte, dalla stanza dei genitori, rumori riconducibili a violenze sessuali.
 

Da sinistra, gli avvocati dell'imputato, Luca Puce e Davide MicalettoDa sinistra, gli avvocati dell’imputato, Luca Puce e Davide MicalettoOffese e umiliazioni

Le liti riguardavano spesso questioni economiche. Secondo la ricostruzione della figlia, Aneta Danielczyk subiva abitualmente offese e umiliazioni. Galati l’avrebbe definita “poco di buono” e le avrebbe ripetuto che era “una polacca” e che per questo sarebbe rimasta sola. Una volta si sarebbe chiuso addirittura in camera con un’altra donna mentre in casa c’erano la vittima, la figlia e il figlio minore.

La difesa dell’imputato ha sollevato come elemento a favore un post che la teste aveva scritto per il compleanno del padre, in cui aveva espresso parole d’amore nei suoi riguardi. Ma la replica è stata secca: “Era un copia e incolla dal web. È stato solo un gesto di cortesia legato alla ricorrenza”.

La prossima udienza si terrà il 20 gennaio. In quella circostanza ci sarà l’esame di Galati, attualmente detenuto nel carcere di Matera.

La vicina di casa è parte civile con l’avvocato Roberto Bray, mentre i figli della vittima con l’avvocata Francesca Conte.

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