A volte Netflix piazza lì, quasi senza fare rumore, serie tv dal potenziale clamoroso. Niente grandi campagne promozionali, nessuna spinta ossessiva in homepage, eppure nel giro di poche ore iniziano a circolare commenti entusiasti, punteggi altissimi e la sensazione condivisa di trovarsi davanti a qualcosa che merita attenzione. È successo poche settimane fa con Death by Lightning e sta succedendo di nuovo in questi giorni con La città delle ombre, nuova serie crime thriller che molti stanno già definendo, numeri alla mano, “praticamente perfetta”.

Uscita sulla piattaforma il 12 dicembre, La città delle ombre è una miniserie spagnola composta da sei episodi che si inserisce nel filone dei thriller investigativi europei cari a Netflix, ma lo fa con una sicurezza e una compattezza che hanno colpito immediatamente la critica internazionale. Al momento, la serie vanta infatti un punteggio del 100% su Rotten Tomatoes, basato sulle prime recensioni professionali pubblicate. Un risultato raro, soprattutto per un titolo arrivato senza particolare clamore, che potrebbe naturalmente variare con l’aumento del numero di giudizi, ma che fotografa con chiarezza l’accoglienza iniziale.

La trama di La città delle ombre

La storia segue un ispettore di polizia sospeso dal servizio, costretto a rientrare in attività quando una serie di omicidi sconvolge Barcellona. Le vittime, però, non sono scelte a caso: ciascun delitto è legato all’architettura di Antoni Gaudí, elemento che trasforma la città in una presenza costante e inquietante, ben più di un semplice sfondo. Per risolvere il caso, l’ispettore deve collaborare con una vice ispettrice, dando vita a un’indagine che intreccia tensione psicologica, conflitti personali e un progressivo svelamento di una scia di violenza attentamente costruita. Il cast è ampio e solido, guidato da Isak Férriz e Verónica Echegui, affiancati da interpreti molto noti al pubblico spagnolo come Ana Wagener, Manolo Solo, Aina Clotet, Marc Clotet, María Adánez, Vicky Peña e Àgata Roca. Le interpretazioni sono uno degli aspetti più citati nelle recensioni, che parlano di un lavoro corale capace di elevare un impianto narrativo volutamente classico.

Dal punto di vista critico, La città delle ombre viene descritta come una serie che non cerca di reinventare il genere, ma che dimostra una grande consapevolezza dei suoi meccanismi. Ritmo controllato, atmosfera costante e una regia che privilegia la tensione più che l’effetto sorpresa sono gli elementi più ricorrenti nei commenti. Vengono apprezzati anche i valori produttivi e l’uso della fotografia, che restituisce una Barcellona cupa, stratificata e coerente con il tono del racconto. Anche sul fronte del pubblico, pur in assenza di un punteggio utenti ufficiale al momento, stanno emergendo reazioni molto positive, con spettatori che raccontano di aver divorato la serie in poche notti. Un passaparola che sembra confermare come La città delle ombre sia uno di quei titoli capaci di crescere rapidamente grazie alla sola forza del racconto.

In un catalogo sempre più affollato e dove molti spesso aspettano solo grandi serie come Stranger Things, la serie si sta quindi ritagliando uno spazio preciso: quello delle produzioni solide, tese e coerenti, che puntano più sulla qualità costante che sul colpo di scena a tutti i costi. Ed è proprio questa compattezza, certificata dai primi numeri e dalle reazioni critiche, a spiegare perché La città delle ombre venga già considerata, oggi, una delle serie Netflix più vicine all’idea di “perfezione” tra le novità di fine anno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA