di
Valerio Cappelli

«Sono istintiva e viscerale, con gli animali ho un rapporto di compassione». La star della lirica ha debuttato appena 4 anni, fa, canterà in tre produzioni alla Scala, anche nella Bohème che ora interpreta a Firenze e all’Opera di Roma

Carolina López Moreno, tutto in cinque anni. Ha debuttato come soprano nel 2021, ha cantato per Mehta, Gatti, Pappano, nei prossimi tre anni sarà per tre volte alla Scala (e ha deciso di vivere a Milano), il debutto nella Bohème, l’opera di Puccini che la impegna anche il 20 al Maggio fiorentino, direttore Ceretta e regista Ravella; e dopo circa un mese, il 14 gennaio, all’Opera di Roma, direttore Bignamini, regista Livermore. Carolina, è generatrice di energie positive, ha 34 anni, mamma albanese di Tirana, papà boliviano di Santa Cruz.

«Come il loro incontro, avvenuto in Germania. Il console tedesco nel 1990 aiutò a fuggire chi si ribellava al regime comunista in Albania in pieno collasso. Mia madre faceva parte del movimento studentesco, capì che o si liberava di quella vita o sarebbe morta. Si organizzava clandestinamente, ascoltava la radio di nascosto, consapevole che poteva significare violenza, carcere o morte. Aveva già una figlia piccola, mia sorella grande, eppure fece quella scelta radicale». 
E suo padre?
«Papà era in Germania per una borsa di studio. Suonavano e cantavano per diletto, tuttora hanno un gruppo latino-americano, Citlai Calli si chiama, con cui si esibiscono alle feste di paese, ogni tanto mi univo a loro. Adoro ballare. Siamo sei figli. Eravamo poveri, mai una vacanza, frigo mezzo vuoto. Ma c’era amore».

La musica com’è entrata nella sua vita?

«Mamma mi insegnò a suonare il violino, era troppo severa e non funzionò. Passai al pianoforte. Suonavo a orecchio. A 12 anni cominciai a scrivere canzoni soul e blues, la prima si intitola Feelings. Che è la chiave della mia vita».

«La musica ha accolto la mia anima e gli animali hanno creato il mio carattere. Con entrambe le cose ho un rapporto spirituale e intuitivo».

«Curavo i cavalli, li pulivo. Ho imparato tanto da loro. A scuola in Germania, dove sono nata, ho vissuto anni difficili per tanti motivi, ma non per razzismo, quello lo hanno vissuto più i miei genitori, e io sono cresciuta nel quartiere multietnico di una cittadina dal nome impronunciabile, Reichenbach an der Fils. È stata dura, quando soffrivo mi rifugiavo dai cavalli che riuscivano a trasmettermi una compassione istintiva. Per il mio primo cd, Il bel sogno, ho scritto note di copertina col cuore, la produttrice tedesca della casa discografica mi  ridicolizzò: sei kitsch. Ma io sono viscerale in tutte le mie manifestazioni».

E come riesce a controllare le emozioni sul palco?

«Prima di entrare in scena, e abbandonarmi, penso alla mia mentore, Donata D’Annunzio Lombardi, a quanto mi prepara fino alla perfezione. E mi dico che non posso sbagliare. Io di un’opera studio tutto, il contesto storico, sociale, umano».

Di Mimì della Bohème cosa ha capito?

«È una ragazza che non sta bene, cerca di andare avanti, di innamorarsi, vuol stare fino all’ultimo con quel gruppo di giovani squattrinati».

Le eroine della lirica muoiono quasi tutte.

«Però il tema del sacrificio è sempre attuale. Mi piacerebbe cantare un’opera su una donna del nostro tempo, penso a Jennifer Robinson, l’avvocata di Julian Assange, che tra il potere dello Stato e un individuo ha scelto l’uomo, senza cercare visibilità. Mi viene in mente anche Yusra Mardini, che durante la fuga dalla Siria ha salvato vite umane trainando a nuoto un barcone che stava affondando. poi ha continuato a nuotare fino alle Olimpiadi».

Parlava del soul. La lirica come l’ha incontrata?

«Ho una formazione eclettica, ho scritto anche canzoni rap in tedesco per liberarmi. A 18 anni, l’insegnante mi disse di ascoltare Callas e Pavarotti. Mai sentiti nominare prima. Maria Callas mi ha tramortita. Vorrei interpretarla in un film, ho visto quello con Angelina Jolie che è brava, famosa, e ha fatto bene alla lirica, ma in quel film non c’erano gli inizi di Maria. Poi vorrei interpretare un film su Lina Cavalieri, che morì negli Anni ’40 ed era anche una bellissima donna, so che realizzarono una pellicola su di lei, ma tanti, tanti anni fa».
Anche lei è di una bellezza abbagliante. Come mette a posto i  corteggiatori?
 «Io sono diretta. Sorrido, dico non sono interessata, però grazie». 

Le due Bohème di queste settuimane?

«A Firenze è tradizionale, a Roma ci sono animazioni e proiezioni. Adoro quella di Zeffirelli. Se c’è una motivazione forte, vanno bene le regie innovative, alla Scala canterò Poulenc con la regia di Robert Carsen, poi ammiro Castellucci, Michieletto, Strassberger, ma quando mi parlano di una Bohème ambientata sulla luna…».

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17 dicembre 2025 ( modifica il 17 dicembre 2025 | 09:17)