Pochi ma semplici consigli per imparare a conoscere meglio i videogiochi e usarli in modo consapevole con i più piccoli. Ne abbiamo parlato con Thalita Malagò, direttrice generale di Iidea

Videogiocare in modo sicuro e responsabile si può. Questo è possibile anche grazie all’adozione di strumenti come il PEGI, un sistema di classificazione adottato a livello mondiale che, come spiega Thalita Malagò, direttrice generale di Iidea – l’associazione che rappresenta l’industria dei videogiochi in Italia – «nasce per aiutare i genitori e tutelare i minori». Da quando hanno invaso i nostri salotti e le camerette, i videogiochi sono stati a lungo un medium sotto osservazione: amatissimi dai più giovani, ma spesso monitorati da lontano – e con scarsa conoscenza del mezzo – dai genitori, soprattutto da quelli senza un passato videoludico. 

Per oltre quarant’anni i giochi digitali sono rimasti sospesi in una sorta di limbo, accusati (ingiustamente) di favorire l’isolamento o lo scollamento dalla realtà, ignorando invece i numerosi benefici che il medium videoludico può offrire sia sul piano della socialità sia su quello dello sviluppo di competenze cognitive. Il senso di “paura” o “timore” che i videogame hanno suscitato, loro malgrado, è dovuto in gran parte alla scarsa conoscenza del prodotto digitale e degli strumenti che ne consentono un utilizzo sano e responsabile. Perché, esattamente come accade per tutti i media contemporanei, anche i videogiochi dispongono di valide “istruzioni per l’uso” che favoriscono un approccio più prudente e consapevole.



















































Per questa ragione da oltre 20 anni, accanto ai nuovi dispositivi come filtri attivabili direttamente sulla console o tramite app, esistono diversi strumenti che permettono agli adulti di scoprire quali videogiochi siano più adatti ai più piccoli  e che aiutano a utilizzare i videogame in sicurezza, rendendo genitori ed educatori più informati. Tra questi, il più importante è, come si diceva, il sistema PEGI: introdotto nel 2003 dalla ISFE (Interactive Software Federation of Europe) in accordo con l’industria videoludica e varie istituzioni europee, è un sistema di classificazione che indica l’età consigliata e la tipologia di contenuti presenti in un gioco (violenza, linguaggio scurrile, paura, ecc.). È pensato principalmente per tutelare i minori e aiutare genitori ed educatori a scegliere prodotti adeguati alla loro età. In particolare, esistono due classificazioni: una suddivisa per età (3, 7, 12, 16, 18) e una per contenuto, tramite descrittori integrativi che spiegano il tipo di elementi presenti all’interno del gioco.

Sebbene spesso percepito come uno strumento tecnico, il PEGI ha un valore che va oltre la semplice classificazione: è infatti anche un codice di condotta che gli sviluppatori devono rispettare per distribuire i loro giochi, prosegue Malagò. L’aspetto più rilevante è che la classificazione non è auto-decisa dall’industria, ma segue una procedura rigorosa. «Tutti gli sviluppatori ed editori che vogliono distribuire i propri prodotti su diverse piattaforme devono non solo seguire la procedura di classificazione, ma anche firmare un codice di condotta che impone prescrizioni che vanno dalla promozione del prodotto alle misure aggiuntive richieste soprattutto online, come la moderazione delle chat», spiega Malagò. Gli sviluppatori compilano un questionario dettagliato e ricevono un pre-rating; successivamente il gioco viene valutato da due enti indipendenti, NICAM e Games Rating Authority, che confermano o modificano la classificazione prima dell’uscita sul mercato.

Il PEGI presenta comunque dei limiti: «Il limite del PEGI è che riguarda solo il contenuto a cui un giocatore – minore o adulto – accede», continua Malagò. «Tutto ciò che riguarda il contesto di gioco, come le interazioni online, gli acquisti in-game o il tempo di gioco, non può essere monitorato dal PEGI. Per questo esistono altri strumenti messi a disposizione dalle piattaforme, come Filtro Famiglia e i Parental Control, che danno ai genitori un maggiore controllo su questi aspetti».

Per aiutare genitori ed educatori a orientarsi e comprendere anche sistemi come il PEGI, esistono diverse iniziative e portali online che, con un linguaggio semplice e intuitivo, offrono informazioni sul corretto utilizzo dei videogiochi. Tra le proposte di iidea spicca “Tutto sui Videogiochi”, un portale dedicato che mette a disposizione guide, tutorial, raccomandazioni per scegliere giochi adatti all’età, impostare i controlli parentali e monitorare l’utilizzo. Il sito si avvale di esperti indipendenti – psicologi, sociologi, pedagogisti – e propone anche schede “a misura di genitore” dei principali videogiochi presenti sul mercato.

Giunta alla terza edizione, PressPlayTogether è invece una campagna paneuropea coordinata da Video Games Europe, alla quale Iidea aderisce, pensata per aiutare i genitori a vivere un’esperienza di gioco positiva e sicura in famiglia, soprattutto durante il periodo natalizio. L’iniziativa, come spiega Malagò, si fonda su cinque importanti consigli che consentono agli adulti, genitori o educatori, di navigare nel mondo digitale del videogioco nel modo giusto, e guidarli in modo semplice al loro corretto utilizzo. In primo luogo, ovviamente, il consiglio è quello di affidarsi al PEGI per scegliere i giochi adatti all’età: «Esiste anche una PEGI App, disponibile per dispositivi iOS e Android, che consente in tempo reale di controllare il rating di qualsiasi videogioco», che rende immediato il monitoraggio dei contenuti videoludici. 

A questo si affianca, ovviamente, l’utilizzo di «sistemi di controllo parentale, che permettono di impostare limiti sul contenuto, sul tempo di gioco, sulle interazioni online e sulle spese in-game». Inoltre, la Direttrice Generale di Iidea sostiene quanto sia importante non demonizzare il medium videoludico, ma anzi consiglia ai genitori quanto sia «bene informarsi non solo sui rischi, ma anche sui benefici dei videogiochi, quali sviluppo di competenze, gestione dell’ansia e dello stress».

Infine, due consigli fondamentali: giocare insieme e informarsi sui benefici del videogioco. «I videogiochi non devono essere visti come un intrattenimento isolante: giocare insieme ai figli è un modo per conoscerli meglio», afferma Malagò. «Io stessa, attraverso il gioco, ho scoperto molte cose dei miei figli, persino tratti caratteriali». Perché, conclude, i videogiochi «fanno parte della nostra dieta mediale a 360 gradi: rappresentano ciò di cui ci nutriamo in termini di intrattenimento, socialità e attività. Informiamoci su ciò a cui giocano i nostri figli e cerchiamo, quando possibile, di orientarli ed essere parte attiva della loro esperienza videoludica».

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16 dicembre 2025 ( modifica il 17 dicembre 2025 | 08:18)