di
Enrico Marro

Il governo ha presentato un maxi emendamento che contiene una stretta sulla previdenza. A regime, nel 2035, farà risparmiare circa 2 miliardi

Si allungano i tempi per andare in pensione anticipata e gradualmente non si potrà quasi più utilizzare il riscatto della laurea breve per lasciare prima il lavoro. Come un fulmine a ciel sereno, il maxi emendamento alla manovra (qui tutte le altre novità su fisco, casa e imprese) presentato dal governo in commissione Bilancio del Senato contiene una stretta sulla previdenza, che, a regime (nel 2035), farà risparmiare circa 2 miliardi, secondo la relazione tecnica. L’unica misura in qualche modo attesa è il sistema del silenzio-assenso per dirottare il Tfr ai fondi pensione, riservato però solo ai neoassunti.

Pensione anticipata più tardi

Attualmente i requisiti per andare in pensione anticipata sono: 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Non è richiesta un’età minima. Quando si raggiungono i requisiti bisogna però aspettare 3 mesi per la decorrenza della pensione. In gergo si chiama «finestra». Il maxiemendamento interviene sulla durata della finestra: che resterà, come ora, di tre mesi se i requisiti vengono maturati entro il 31 dicembre 2031. Dal primo gennaio 2032 al 31 dicembre 2033, invece, la finestra sale a quattro mesi, poi a cinque per chi matura i requisiti nel 2034 e infine a sei dal primo gennaio 2035. Ma non finisce qui. In base a quanto stabilisce il disegno di legge di Bilancio, nel 2027 i contributi necessari per la pensione anticipata aumenteranno di un mese (42 anni e 11 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne) e di altri due mesi dal 2028 (43 anni e un mese per gli uomini, 42 anni e un mese per le donne) e altri adeguamenti dei requisiti alla speranza di vita sono previsti per legge con cadenza biennale, dal 2029 in poi.



















































Taglio del riscatto laurea

La seconda novità penalizza in particolare i giovani in possesso della laurea breve (tre anni) e dei diplomi universitari previsti dalla legge 341 del 1990 (scienze infermieristiche, tecnico radiologo, educatore professionale, fisioterapista), anche questi di durata triennale. Finora questi titoli potevano essere riscattati a titolo oneroso, consentendo di raggiungere la pensione anticipata tre anni prima. In futuro si potrà fare sempre meno, stabilisce il maximendamento. Dal 2031, in caso di riscatto, ai fini del calcolo del requisito dei contributi verranno tagliati sei mesi. Dal 2032 dodici mesi, dal 2033 diciotto mesi, dal 2034 ventiquattro mesi e dal 2035 trenta mesi. Questo significa che, a regime, su un riscatto di tre anni conteranno solo sei mesi ai fini di raggiungere prima la pensione e anche nel caso di laurea magistrale (3+2) i contributi conteggiati saranno solo la metà: 2 anni e mezzo. Anche questa misura, come la precedente, punta a ridurre progressivamente il numero di lavoratori che potranno accedere alla pensione anticipata rispetto alla normale pensione di vecchiaia (oggi a 67 anni di età con 20 anni di contributi). Ma ci sono perplessità tra gli esperti, e anche tra alcuni tecnici del governo, sulla tenuta costituzionale della norma. Sia riguardo a chi ha già effettuato il riscatto e si vedrebbe cambiate le regole in corso e sia per una possibile discriminazione ai danni di una platea circoscritta di laureati (quelli col titolo triennale).

Clausola di salvaguardia

Il maxiemendamento prevede una clausola di salvaguardia che esclude dalla stretta i lavoratori che, alla data di entrata in vigore della legge (presumibilmente il primo gennaio 2026) risultino inclusi in accordi collettivi di accompagnamento alla pensione.

Tfr ai fondi per i neoassunti

Infine, la terza novità è l’unica in qualche modo attesa. Si tratta del meccanismo del silenzio-assenso per favorire il conferimento del Tfr (gli accantonamenti per la liquidazione) ai fondi pensione. Dal primo luglio 2026, dice il maxiemendamento, per i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi i lavoratori domestici) assunti per la prima volta il Tfr finirà automaticamente al fondo di previdenza integrativa individuato dai contratti collettivi di lavoro a meno che, entro 60 giorni, il lavoratore non rinunci esplicitamente a questo conferimento automatico disponendo di versare il Tfr «a un’altra forma di previdenza complementare dallo stesso liberamente prescelta» oppure di mantenerlo nel regime di Trattamento di fine rapporto (accantonamenti per la liquidazione quando si va in pensione). Scelta, quest’ultima, che può essere successivamente revocata (decidendo di aderire a un fondo) mentre se si conferisce il Tfr alla previdenza integrativa non si può tornare indietro.

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17 dicembre 2025