di
Simone Golia

Lo sfogo del papà di Marco, morto in pista nel 2011, e proprietario del team Sic58: «Vogliono solo lo spettacolo, ma allora che facciano un circo. Forse fra poco smetto»

«Mi sono rotto il menisco ma non le dico come…».

Ormai deve.
«Giocando a bowling. Impossibile, no?».



















































Beh, per fortuna le gare sono finite.
«In realtà questo è il momento più brutto, devo trovare sponsor e soldi per la mia squadra».

Paolo Simoncelli è il proprietario della «Sic58», il team che ha fondato nel 2013 in onore del figlio Marcomorto in pista due anni prima — con l’obiettivo di lanciare i giovani piloti nel motociclismo. Parla al telefono mentre osserva la moglie Rossella che pulisce il giardino.

Come vi siete conosciuti?
«Lei aveva 16 anni, io 23. Era bellissima, un angelo».

Sarà stato bello anche lei.
«Lo sono diventato dopo. Quando riguardo le foto di allora mi chiedo chi è quel rospo». 

E come l’ha conquistata?
«Ti incontri e ti piaci, non è mica difficile eh». 

La fa facile…
«È difficile adesso con questi cellulari del cavolo. I ragazzi oggi non si parlano più». 

Da quanto state insieme?
«50 anni, anche se non è semplice sopportarmi». 

Lei ora ne ha 75. Quando smetterà con le moto?
«Penso che quel giorno non sia tanto lontano». 

E lo dice così?
«Questi americani (Liberty Media ha acquistato la Dorna, la società che detiene i diritti della MotoGp) mi hanno già rotto».

Perché?
«Mirano a cambiare tutto, sembra che non vada bene niente di quello che abbiamo costruito. Vogliono togliere dai conteggi ufficiali i titoli vinti nelle categorie inferiori, contano solo quelli in MotoGp. Così mio figlio Marco, i Gresini o i Nieto sparirebbero. Vogliono cancellare la storia».
  
Cos’altro non le piace del suo sport?
«Che i piloti già a 18 anni siano influenzati dai loro manager e che abbiano dei fisici da MotoGp. Dormono e mangiano come un Marquez, vanno in palestra 5 giorni su 7 quando non è necessario. E poi arrivano troppo tardi nel Motomondiale: il limite di età è stato alzato per gli incidenti mortali nel Cev (campionato europeo di velocità, ndr), ma bastava fare griglie meno piene».

Insomma, è stufo.
«Ci fanno sentire inutili, per gli americani di Liberty il motociclismo non esiste. Vogliono solo lo spettacolo, ma allora che facciano un circo. Che poi la soluzione sarebbe semplice: ogni squadra della MotoGp dovrebbe avere un team in Moto3 e Moto2».

Intanto Marc Marquez ha dominato la stagione. Se lo aspettava?
«Sapevo che era il più forte. Mi è sempre piaciuto, corre e pensa come mio figlio, non rinuncia mai e ci prova sempre. Se Marco non fosse morto, ci saremmo divertiti un botto. Sai che sportellate…».

Bagnaia reagirà?
«Speriamo che si sia sistemato col cervello».

Cioè?
«Non era preparato a un compagno così forte. Pecco viene dal gruppo di Valentino e a forza di ascoltare tutte le cose che si dicono in quel gruppo ha sottovalutato Marquez».

Addirittura?
«L’anno prima aveva perso il Mondiale vincendo 11 gare. Ha pensato. “Mi basterà solo cadere meno”. Ma Marc in pista è una bestia e lo ha mandato in crisi».

A Papa Francesco disse che era arrabbiato con Dio per Marco. Lo è ancora?
«Sì, sono proprio inc…. È distratto, dovrebbe stare più attento. Succedono cose che fanno troppo male, i genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai figli». 

E ilPpapa cosa le rispose?
«Che avevo ragione». 

Nessuna consolazione nella fede, dunque. 
«Fatico a trovarla. Mi ripeto semplicemente che questa è la vita e soprattutto che non ho nessun rimpianto. Il destino di Marco era questo, io e mia moglie abbiamo fatto di tutto affinché fosse felice e lui è morto mentre stava facendo una cosa che lo rendeva felice». 

Nessun rimpianto quindi?
«Solo uno, quell’asciugamano del c… che Marco teneva in testa al contrario sulla griglia di partenza in Malesia». 

Scaramantico?
«Nelle corse tutti lo sono. Ci sono dei gesti che ripeti perché ti danno serenità. Quel pomeriggio lì, quando varcai il cancello sul motorino per andare a vedere la gara, mi arrivò addosso un vento gelido che sapeva di morte. Mi sono detto. “ca… lo vado a fermare”. Ma mancava un minuto e non ce l’avrei fatta. Per cinque minuti, fino all’incidente, ho sentito che c’era qualcosa che non quadrava». 

Dove ha messo le ceneri di Marco?
«In camera sua. Non è cambiato niente, dorme ancora lì». 

Lo sogna? 
«È normale». 

E cosa le dice? 
«Non glielo dico». 

Quando ha guidato la prima moto?
«Solo a 50 anni. Quando ero ragazzo la guerra era finita da poco e c’era una miseria della madonna. Bisognava mangiare»

Ha mai pensato di abbandonare tutto dopo la morte di Marco?
«No, perché dopo la tragedia le moto mi hanno fatto vivere 15 anni bellissimi. Ho fondato la squadra per non morire. Mi sono sentito impegnato, mi ha aiutato a pensare ad altro e questo per me è stato importantissimo. Devo ringraziare Carmelo Ezpeleta (Ceo di Dorna) che mi ha sempre appoggiato fin dai tempi del campionato italiano. Un grazie grande come una casa». 

E dopo cosa farà?
«Un c…, ho 75 anni oh». 

Nulla nulla?
«A questa età diventa tutto più complicato. Mi mancheranno un sacco le corse. Bisognerà sapere gestire meglio la vita di tutti i giorni e impegnarsi in qualcosa, sennò si diventa vecchi in un attimo. Ma ho una moglie che spinge, mi vuole fare lavorare tutti i giorni. Quindi vedrà che non mi annoierò». 

17 dicembre 2025 ( modifica il 17 dicembre 2025 | 11:10)