Bologna, 17 dicembre 2025 – Una nuova frontiera nella lotta ai tumori del fegato è stata aperta al Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Per la prima volta, un team di specialisti ha utilizzato una tecnica combinata di chemioterapia e impulsi elettrici per aggredire un carcinoma epatico, offrendo una possibilità di cura anche per quelle lesioni che fino a oggi erano considerate intrattabili o inoperabili.

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La tecnica di elettrochemioterapia è stata eseguita per la prima volta su un epatocarcinoma da un team di specialistici del Sant'Orsola  (foto di repertorio)

La tecnica di elettrochemioterapia è stata eseguita per la prima volta su un epatocarcinoma da un team di specialistici del Sant’Orsola (foto di repertorio)

La tecnica, denominata elettrochemioterapia, rappresenta un mix innovativo che potenzia l’efficacia dei farmaci oncologici. Il principio è tanto semplice quanto sofisticato: sottili elettrodi ad ago vengono inseriti all’interno del fegato e, attraverso brevi impulsi elettrici, aprono minuscoli varchi nelle membrane delle cellule tumorali. Questa “apertura” temporanea permette al farmaco chemioterapico di penetrare molto più facilmente e in profondità nel tessuto malato, aumentandone drasticamente l’effetto distruttivo sul tumore.

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“Questa tecnica consente di aggredire anche lesioni del fegato che finora venivano considerate non trattabili con le tecniche disponibili”, conferma Cristina Mosconi, direttrice della Radiologia addomino-pelvica diagnostica e interventistica del Sant’Orsola.

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Il debutto di questa procedura è avvenuto pochi giorni fa su un paziente già in cura presso la Medicina interna per gravi insufficienze d’organo. Il caso era particolarmente complesso: l’uomo presentava un nodulo che, per posizione e vascolarizzazione, non poteva essere rimosso chirurgicamente né trattato con le classiche ablazioni a radiofrequenza o microonde.

Un'ecografia eseguita su una paziente in una immagine di repertorio

Un’ecografia eseguita su una paziente in una immagine di repertorio

“L’intervento è andato bene e il paziente non ha avuto complicanze”, spiega la dottoressa Federica Mirici Cappa del team specialistico. L’uomo è stato dimesso nel giro di pochi giorni, anche se per valutare l’efficacia definitiva del trattamento bisognerà attendere i controlli dei prossimi mesi. Il Sant’Orsola entra così nel ristretto gruppo di centri nazionali capaci di eseguire questa procedura.

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Il successo dell’operazione è stato possibile anche grazie a un importante investimento tecnologico. L’intervento è stato eseguito nella nuova Sala angiografica del Policlinico, realizzata con 800mila euro di fondi PNRR.

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La sala è dotata di sistemi di navigazione 3D di ultima generazione e dispositivi avanzati che consentono la “fusione” delle immagini (ecografia, Tac e risonanza) in tempo reale. Questo permette ai medici di guidare gli aghi con precisione millimetrica, garantendo la massima sicurezza e mantenendo l’intervento mininvasivo, con un impatto molto basso sui tessuti sani circostanti.