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Redazione Economia

Il rendimento del Btp decennale benchmark al 3,52% con il differenziale sul Bund tedesco calato a quota 66: nel 2022 aveva toccato picchi sopra i 240 punti

Lo spread tra Btp e Bund tedesco chiude in calo e segna il nuovo minimo dal 2009. A fine seduta il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark e il pari scadenza tedesco e’ indicato a 66 punti base, in calo di due punti rispetto ai 68 punti della vigilia. In flessione anche il rendimento del BTp decennale benchmark, che ha terminato gli scambi al 3,51% dal 3,52% del closing precedente.

Il ribasso dello spread è una buona notizia per il finanziamento del debito nazionale, anche se l’Ufficio parlamentare di Bilancio, in un’analisi sul finanziamento del debito pubblico nel 2025 e le prospettive per il 2026 segnala che la discesa dello spread solo in piccola parte è riconducibile a una riduzione dei tassi a lungo termine italiani. Ciò è dovuto al fatto che le traiettorie dei rendimenti dei titoli a 10 anni di Italia e Germania hanno mostrato andamenti diversi: quelli italiani sono scesi marginalmente mentre quelli tedeschi sono risultati in aumento, soprattutto in conseguenza di aspettative di una maggiore spesa pubblica. La compressione del differenziale deriva quindi da fattori specifici che hanno interessato ciascun Paese.



















































In ogni caso il premio al rischio italiano, misurato dal differenziale (spread) dei tassi d’interesse a dieci anni dei titoli italiani rispetto a quelli tedeschi, si attesta ora sotto i 70 punti base dopo aver toccato picchi di oltre 240 punti nel 2022, ovvero durante le fasi più acute della stretta monetaria. Il restringimento è particolarmente evidente negli ultimi due anni. Questa dinamica delle condizioni finanziarie riflette una rinnovata fiducia degli investitori e il miglioramento della valutazione del merito di credito sovrano dell’Italia da parte delle agenzie di rating, segnala l’Upb.

Più in generale l’Upb registra che nel 2025 il costo medio ponderato dei nuovi titoli emessi (in media annuale) ha proseguito la sua discesa. Dopo il picco del 3,8% raggiunto nel 2023 con le politiche monetarie restrittive di contrasto all’inazione, si è registrata una prima riduzione di 0,4 punti percentuali nel 2024 (al 3,4%) e un’ulteriore flessione nel 2025, con il costo medio sceso al 2,8% nel periodo gennaio-novembre. L’andamento, si legge nell’analisi, non è stato uniforme: i titoli a breve termine (con scadenze a 6 e 12 mesi) hanno registrato riduzioni dei tassi più marcate rispetto ai titoli a lungo termine.

Negli ultimi mesi del 2025 il ritmo del calo si sta attenuando, segnalando una possibile stabilizzazione dei rendimenti. Nel corso del 2025, inoltre, i rendimenti delle nuove emissioni sono scesi al di sotto dell’onere medio del debito pubblico. Si inverte così la dinamica degli ultimi 3 anni, quando le nuove emissioni registravano tassi superiori alla media dello stock esistente.
Nel 2025, il fabbisogno di cassa del settore statale è stimato a 127 miliardi (pari al 5,6% di PIL) nel Documento programmatico di nanza pubblica del Governo. Le emissioni nette di titoli di Stato dovrebbero ammontare a circa 100 miliardi, considerando che alla copertura del fabbisogno contribuiscono anche le erogazioni dei prestiti della UE per circa 23 miliardi (settima e ottava rata del Dispositivo per la ripresa e la resilienza) e ipotizzando una riduzione delle giacenze di liquidità del Tesoro per 6 miliardi.

Nel 2026, il fabbisogno è atteso a circa 126 miliardi (5,4% di PIL), un livello poco di poco inferiore a quello del 2025, su cui incidono ancora gli effetti dei crediti relativi al settore edilizio. Le emissioni nette di titoli di Stato potrebbero aumentare lievemente rispetto al 2025, a 103 miliardi, nell’ipotesi che i prestiti della UE, legati all’incasso delle ultime due rate, siano pari a 24 miliardi.

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17 dicembre 2025